L’ospedale “snello”, una proposta per il futuro
Il medico d’urgenza si confronta ogni giorno, tra mille difficoltà, con tutte le patologie acute perciò deve avere un background culturale per mantenere una competenza e una conoscenza approfondita sulle tematiche dell’emergenza. Oggi il medico d’urgenza non può e non deve essere un tuttologo, non può continuare a essere uno “smista pazienti” ma è il medico della prima ora e forse anche della prima settimana, trattando un paziente su cui la sua azione rapida e tempestiva decide la prognosi a breve, medio e lungo termine. Il medico d’urgenza deve prontamente stratificare il rischio e individuare i livelli di intensità di cura appropriati per ridurre l’errore diagnostico e migliorare l’assistenza ai pazienti che si trova a gestire, nella sua poliedricità operativa. Partiti nel 2001 da situazioni retrive, con l’esigenza di strutturare un pronto soccorso che rispondesse alle esigenze del nascente Dea (dipartimento di emergenza accettazione) di 2° livello, lottiamo tutt’oggi con il sempre crescente numero di accessi. Primo obiettivo è gestire tempestivamente – scientificamente e tecnicamente nel migliore dei modi – il paziente e assicurargli una fausta prognosi, evitando lunghe attese agli altri pazienti presenti in pronto soccorso. Da una situazione logistico-strutturale-architettonica che prevedeva l’assistenza alla “monoemergenza”, ci siamo man mano organizzati per rispondere alla pluriemergenza quotidiana e finanche alla maxiemergenza, soprattutto oggi che, pur essendo Dea di 1° livello dal giugno 2012, dobbiamo far fronte a un numero di codici rossi e gialli (pazienti gravissimi o gravi) pari a quello dei maggiori ospedali della capitale. La nostra ottica era e rimane la gestione del malato nella prima ora, la First Golden Hour degli anglosassoni, per costruire flussi di assistenza e organizzare il pronto soccorso con una modularità per livelli di intensità di cura, che preveda finanche il ricovero in Medicina d’Urgenza non oltre le 72-96 ore, attuando il massimo filtro per i reparti di terapia intensiva. Il nostro obiettivo è mirare a un “Ospedale snello”, dove non esistano barriere culturali e interprofessionali, dove – al di là della spending review, blocco del turn over, taglio indiscriminato dei posti letto – con risorse umane, logistiche, strutturali, economiche adeguate, si arrivi a una modularità anche nei reparti di degenza ordinaria. Oggi la sanità paga un prezzo altissimo, il cui costo ricade anche sulle spalle degli operatori che, comunque continuano ad assicurare sempre i massimi livelli di cura.
*direttore Medicina d’Urgenza e Pronto soccorso Azienda ospedaliera San Filippo Neri