L’ospedale snello: il modello a flusso per intesità di cure

di Luigi Zulli

Abbiamo esaminato le difficoltà del Medico D’Urgenza (sireneonline.it maggio) perché giornalmente si confronta con tutte le patologie acute e quindi deve possedere un background culturale, con competenze e conoscenze approfondite sulle tematiche dell’emergenza, non può e non deve essere un tuttologo e non può continuare ad essere uno “smistapazienti”, ma è il medico della prima ora e forse anche della prima settimana, essendo il gestore di in paziente sul quale la sua azione rapida e tempestiva decide la prognosi a breve, medio e lungo termine. Il medico d’urgenza deve prontamente stratificare il rischio ed individuare i livelli di intensità di cura appropriati, per ridurre l’errore diagnostico e migliorare l’assistenza ai pazienti che si trova a gestire. In questo un valido sostegno al suo iter decisionale gli viene dagli “SCORE CLINICI” , strumenti che possono offrire al “prontosoccosista” alias Medico D’Urgenza, certezze sicuramente non matematiche, ma valide e validate, nella sua poliedricità operativa. Vogliamo ora rafforzare il concetto della stratificazione del rischio e della individuazione del livello di cura, allo scopo di definire criteri di attribuzione del livello di cura specifico, individuare i livelli di gravità ed instabilità clinica, dopo attenta classificazione dei parametri clinici e attribuire un grado di complessità assistenziale sia medica che infermieristica , associata al livello di monitorizzazione e di intervento richiesto, per definire l’Area di competenza. La risposta a tali diversità dovrà essere il principio ispiratore dell’organizzazione della degenza e dei reparti e divisioni ospedaliere, non più per disciplina specialistica, ma per similarità di bisogni e di intensità di cure richieste, favorendo la collaborazione interdisciplinare e la visione “olistica”, non più settorializzata del paziente, in quanto “individuo” e come tale unico, intero, indivisibile, secondo il concetto della “MEDICINA INTERA”. Il paziente che oggi giunge in ospedale è un paziente sempre più “complesso”, che presenta un’alta complessità dei problemi stessi, con patologie che potremmo definire”intrecciate: pensate ad un paziente ultra75 enne, con cardiopatia ischemica, iperteso, portatore di diabete tipo 2 in fase di scompenso metabolico, che viene in ospedale per un episodio acuto febbrile da polmonite o per uno stroke. Riteniamo opportuno ricentralizzare il paziente, rivedere lo “spezzettamento” per patologie, rafforzare la compartecipazione e la comunicazione, con lo abbattimento delle barriere interprofessionali. Secondo quanto esplicitato dovremo, nell’ospedale del futuro, avere possibilmente 3 Aree:

1^ LIVELLO Area Rossa, Area di Alta Intensità dove comprenderemo le terapie intensive, con pazienti in fase di instabilità clinica, per le quali il filtro dovrà essere massimo per evitare ricoveri inappropriati.

2^ LIVELLO Area Gialla, Area di Media Intensità, dove prevederemo un’Area Medica, un’Area Chirurgica, un’Area Materno-Infantile. In questo livello confluirà la maggior parte della casistica, sempre differenziata per complessità assistenziale medica ed infermieristica.

3^LIVELLO Area Verde, Area di Bassa Intensità, dove garantiremo la presa in carico di pazienti in fase di post-acuzie, articolabile con Day Surgery, DH medici, finanche all’area ambulatoriale.

In un’era in cui il super computer è entrato prepotentemente in corsia, il medico però non potrà essere mai sostituito, ma sarà sempre il protagonista delle procedure, dotato si spera delle 3A: Abilità-Affabilità-Adattabilità, oppure delle 3E: Esperienza-Evidenza-Errore, che tenga sempre presente la massima delle 10P: Prima-Pensa-Poi-Parla-Pechè-Parole-Poco-Pensate-Portano-Pene. Traslando un pochino questi concetti, vorrei infine rivolgere alcune domande ai nostri politici:

  1. In un periodo di vera crisi economico-finanziaria, in cui si parla tanto di spending review ed abolizione degli sprechi, come mai non si riescono a chiudere o a riconvertire i ”piccoli” ospedali?

  2. Come mai esistono divisioni e reparti soprattutto universitari con meno di otto, dicasi, 8 posti letto?

  3. Come mai esiste, solo sulla carta, una miriade di Unità Operative Semplici (UOS) e Unità Operative Semplici Dipartimentali( UOSD) con tanto di nomina di responsabili, che percepiscono anche gli emolumenti, ma che non sono state mai istituite?

E’ giunto il momento di riprogettare la ospedalità , che rimane sempre il fulcro della gestione del paziente, che ad esso affluisce, perché trova diuturnamente, H24, una risposta più o meno rapida, efficace, scientificamente, professionalmente e tecnicamente qualificata.

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