Forniture Dpi: inchiesta sui certificati taroccati
Forniture sanitarie: non c’è pace alla Regione Lazio. Nella lotta anti Covid-19, dopo il flop delle mascherine mai arrivate, scoppia il caso dei ventilatori polmonari, strumenti indispensabili per pazienti in carenza di ossigeno, quali quelli colpiti dal virus. Sui 320 richiesti ne sarebbero arrivati soltanto 4, bloccati dalla Guardia di finanza. Ordinati il 19 marzo al prezzo di 4.259.922 all’azienda di Arezzo “Seco Spa” che avrebbe agito da intermediario, sono stati fermati da un’indagine coordinata dal pm aretino Roberto Rossi, a carico di persone ignote, con contestazione di reati per frode nelle pubbliche forniture, falsità materiale in certificati o autorizzazioni amministrative. La notizia appare sui maggiori quotidiani toscani, “La Nazione” in testa, nel Lazio silenzio assoluto. Anche per le contestate mascherine, oltre all’inadempienza della Eco.Tech, società che non ha garantito la fornitura, vengono fuori magagne legate alle certificazioni di conformità alle norme Ue. A corredo dei quantitativi già consegnati alla Protezione civile regionale, ci sarebbe un certificato rilasciato dalla “Act Testing Technology”, un ente cinese che non si sarebbe mai occupato di dispositivi di protezione individuale anzi, la società sarebbe stata individuata in un “libro nero”, l’elenco delle ditte che producono certificazioni false, pubblicato dall’”European Safety Federation”. Ergo, le mascherine non sarebbero a norma. Andando sul sito “Accredia”, l’ente italiano di accreditamento, sono elencati i criteri stabiliti per la documentazione di conformità, secondo quanto stabilito dal regolamento Ue 425 del 2016: nome e indirizzo del fornitore, numero di identificazione del dispositivo, attestazione di conformità ai requisiti essenziali di salute e sicurezza, caratteristiche tecniche, classe di protezione, date di rilascio, scadenza, rinnovo. Una quantità di norme da scoraggiare chiunque, tanto che il decreto “Cura Italia” ha fornito una scappatoia rimettendo la valutazione finale ai tecnici dell’Inail, che hanno candidamente ammesso di limitarsi ad esaminare autocertificazioni prodotte dagli stessi laboratori che non sarebbero accreditati. Un vero rebus, come l’episodio legato alle barelle ordinate per trasportare pazienti altamente infettivi ma più lunghe delle ambulanze che dovrebbero contenerle. In questo caso non c’è da preoccuparsi. La struttura di biocontenimento dello Spallanzani, aperta dopo 16 anni di inattività, con posti letto dedicati a tali pazienti, sarà ristrutturata con finanziamento regionale da una grande firma dell’architettura, Massimiliano Fuksas. Il progetto prevede una pensilina di ingresso per riparare le ambulanze dalla pioggia e dal sole. Sicuramente l’archistar avrà tratto ispirazione dai piedi sporgenti dei poveri pazienti caricati sulle lettighe “monstre”.