Aggressioni ai sanitari, parlano i protagonisti
Nel Consiglio regionale del Lazio una mozione M5s chiede la costituzione di parte civile delle Asl
A due giorni di distanza dal 12 marzo, Giornata nazionale contro la violenza verso gli operatori sanitari, non si smorzano le polemiche per una situazione che negli ospedali è ormai fuori controllo e per una celebrazione che ha il sapore di una vuota liturgia, piuttosto che un giorno di mobilitazione. Nel 2023 sono state oltre 16 mila le segnalazioni di aggressioni nei confronti degli operatori sanitari in Italia. Secondo i dati emersi dal monitoraggio effettuato dall’Osservatorio nazionale sulla sicurezza degli esercenti le professioni sanitarie e sociosanitarie – istituito presso il ministero della Salute, con compiti di monitoraggio, studio e promozione di iniziative volte a garantire la sicurezza dei professionisti sanitari – su 18mila operatori sottoposti a un questionario, gli aggrediti sarebbero 1572. All’organismo di controllo partecipano gli appartenenti alla Federazione degli Ordini delle professioni sanitarie: tecnici di radiologia e laboratorio, della riabilitazione e della prevenzione, a cui appartengono 19 profili di professionisti e 59 ordini, per un totale di 155mila iscritti. I dati emersi sono interessanti: le più colpite dalla violenza risultano le donne, nelle fasce di età tra i 30 e i 39 anni e tra i 50 ei 59, con prevalenza delle regioni del Nord Italia e, quali ambienti più a rischio gli ambulatori pubblici con gli assistiti e i loro familiari al primo posto tra gli aggressori, che agiscono in maggioranza con violenze verbali, seguite da una quota minore di aggressioni fisiche e agli ambienti di lavoro. Per Teresa Calandra, presidente della Federazione, “la testimonianza degli intervistati contribuirà a rendere la società migliore e il sistema sanitario più sicuro, evitando ad altri di subire quel che hanno patito loro”. Sul tema si pronuncia anche il vertice della Federazione veterinari e medici, il cui presidente Aldo Grasselli ha dichiarato: “Il fenomeno delle aggressioni agli operatori del servizio sanitario nazionale è solo la punta dell’iceberg del malcontento generale verso una sanità che non sa dare risposte appropriate in tempo utile. Ė ora di una radicale trasformazione del Servizio sanitario nazionale, dal territorio all’ospedale, tutti devono fare la loro parte, altrimenti la salute non curata costerà cara non solo ai cittadini ma anche all’economia del paese”. Secondo Angela Vacca, componente dell’Osservatorio sulla sicurezza per conto della Federazione veterinari e medici, “Ė necessario lavorare molto in prevenzione, implementando e migliorando il sistema organizzativo del Servizio sanitario nazionale, avviare corsi di formazione sulla comprensione dei conflitti, ai fini di una loro riduzione ma soprattutto effettuare una attenta analisi dei rischi nei diversi contesti lavorativi al fine di individuare le migliori strategie applicabili”. Per la parte politica, emergono novità dal Consiglio regionale del Lazio, dove il gruppo del Movimento 5 stelle, ha presentato una mozione in cui si chiede alla giunta regionale “di attivarsi, con gli strumenti e le misure necessarie da parte dell’assessorato di riferimento, affinché le Asl e gli ospedali in cui si verificano gli episodi violenti, si costituiscano parte civile, contestualmente alla denuncia sporta dall’operatore sanitario in caso di subita aggressione, prevedendo altresì ulteriori azioni in sede civile per il risarcimento dei danni per l’azienda, come ad esempio, l’interruzione di pubblico servizio”. Nell’atto consiliare, si prevede anche l’anticipo e il successivo rimborso per le spese legali e/o peritali sostenute per i procedimenti, in cui il personale sanitario risulti parte lesa per episodi avvenuti nello svolgimento delle attività di servizio.