Alzheimer, le più colpite sono le donne. Si attendono fondi per il piano nazionale demenze
Sarà firmato entro breve il Piano nazionale demenze, almeno secondo quanto assicurato da rappresentanti ministeriali e il prossimo 14 novembre una conferenza internazionale, organizzata nell’ambito del semestre di presidenza Ue, dovrà fare il punto su quello che entro il 2020 diventerà “un problema rilevante di sanità pubblica”. In occasione della Giornata Mondiale dell’Alzheimer – celebrata a Roma il 19 settembre scorso con un convegno nella Protomoteca del Campidoglio – rappresentanti delle istituzioni, specialisti, famiglie, hanno fatto il punto su una situazione non certo confortante. I partecipanti alla giornata di studio, promossa dall’Associazione “Alzheimer Uniti” e altre sigle, tra cui le organizzazioni di volontariato Cesv-Spes, hanno fatto il punto su un’assistenza disomogenea, ponendo al centro la necessità di cure ad ampio spettro, sia domiciliari che residenziali. La difficoltà di armonizzare le 2.200 strutture presenti sul territorio italiano, le risorse insufficienti a garantire un’assistenza adeguata, l’inerzia di molte regioni che spesso non recepiscono le cosiddette ‘linee guida’ emanate dal ministero della Salute, concorrono a fare del morbo di Alzheimer una delle più temibili patologie, per cui i pazienti e le loro famiglie sono lasciati soli e impotenti contro il male. La sottoscrizione del Piano nazionale demenze poi, non darà nessuna sicurezza se il progetto non sarà finanziato e non c’è da stare tranquilli, considerata la situazione generale del Paese e dell’assistenza sociale, settore in cui le risorse necessarie sono assolutamente insufficienti. Una parola di speranza potrebbe venire dal convegno internazionale di novembre, in cui sarà presentato il primo censimento delle strutture territoriali: unità valutative Alzheimer (Uva), centri diurni, residenze sanitarie assistenziali. L’ultimo piano organico risale a tredici anni fa, il progetto Cronos voluto dall’allora ministro Rosy Bindi, che istituì le Uva. Attualmente, neanche il registro dei malati supplisce alle gravi carenze, dovute fra l’altro alla mancata integrazione tra ministero della Salute e quello delle Politiche sociali. E gli studi epidemiologici non confortano: entro il 2020 nei Paesi dell’Unione europea gli affetti da demenza supereranno i 15 milioni di persone, secondo stime attendibili, con una netta prevalenza di donne.