Una storia tutta italiana: la paventata chiusura della storica casa di riposo Don Orione di Reggio Calabria, prevista per il 31 dicembre 2024 ha gettato nel panico ospiti, famiglie e lavoratori. Una crisi esplosa con il Covid, nel 2021 con bilancio a picco e perdite pari a più di mezzo milione l’anno mentre per il 2024 le casse prevedono un disavanzo di circa 650mila euro. Inutili le iniezioni di risorse da parte della Casa madre Opera Don Orione, che dal 2010 a oggi ha immesso fondi pari a 5 milioni e 700mila euro per evitare la bancarotta. Unica speranza era riposta nell’accreditamento regionale, con prestazioni rimborsate dal Servizio sanitario nazionale, il cui iter va avanti dal 2019 ma non arriva ancora a conclusione, sebbene di posti in Rsa convenzionate la Regione Calabria abbia estremo bisogno e le rette attualmente versate nella struttura di Collina degli angeli non coprano le spese. Un terremoto sotto tutti i punti di vista, che stride ancora di più con le origini di questa provvidenziale struttura, considerato che l’Opera fu fortemente voluta da Don Orione in seguito al devastante terremoto di Messina del 1908, per assistere gli sfollati. Non saranno soltanto i 24 ospiti a essere privati di accoglienza e assistenza ma anche i 19 dipendenti subiranno le conseguenze di una fine che, salvo miracoli dell’ultim’ora, sembra ineluttabile e nessuna reazione finora, ha suscitato la mobilitazione del Comitato familiari. Dura la reazione, come prevedibile, da parte dei sindacati. Sul caso intervengono il segretario nazionale Ugl Salute Gianluca Giuliano e Fabrizio Denaro, dirigente sindacale territoriale. “L’indifferenza sta spingendo un’eccellenza del territorio calabrese verso la fine – dichiarano in una nota – sarebbe un triste epilogo per i 19 operatori attualmente occupati nella struttura e per le famiglie dei 24 ospiti presi in cura. Facile individuare le responsabilità dell’ente istituzionale”. Inevitabile l’accusa nei confronti della Regione Calabria che ritarderebbe le procedure di accreditamento, “costringendo l’Opera Antoniana a ingenti aggravi”. Una comune storia italiana di burocrazia e disinteresse, che getterebbe nello sconforto i residenti di un territorio già fortemente penalizzato per mille criticità. Per scongiurare tale “dramma sociale che la Calabria non merita”, scrivono ancora i sindacalisti, è stato richiesto un incontro urgente per trovare una possibile soluzione.

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