Aggressioni, fisiche e psicologiche a cui si affiancano sovente abusi sessuali. Per non parlare delle discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera. Ė questo l’ultimo allarme, legato alle frequenti violenze nei confronti dei sanitari, lanciato dal Foad Aodi, medico da decenni in prima linea per la difesa del Servizio sanitario e dei suoi operatori. Aodi, presidente del Movimento Uniti per Unire e di Amsi, Associazione medici di origine straniera in Italia, non si limita alla semplice denuncia ma, come avviene da anni, monitora con attenzione la realtà in cui agiscono i professionisti della salute. “Le nostre associazioni, portano avanti accurate indagini con dati costantemente aggiornati – chiarisce il professore – la verità non può essere mai nascosta ma deve scuotere le coscienze, sia della politica che dei cittadini”, convinto che “la politica italiana e le realtà  internazionali possano e debbano fare di più. Ė evidente – continua Aodi – che fin qui le azioni adottate e le leggi istituite non sono state sufficienti ad arginare una piaga che, ricordiamolo, rappresenta la prima motivazione di fuga all’estero di medici e infermieri nel nostro Paese, accanto alla necessità di scegliere proposte economiche maggiormente gratificanti”. Ulteriore motivo di attenta analisi per il presidente, è anche la propensione dei camici bianchi a emigrare per trovare altrove lidi migliori, sia sul piano dell’organizzazione che su quello delle retribuzioni. E si sfoga anche contro una lettura errata, consolidatasi negli anni, relativa alla realtà del Servizio sanitario. “I cittadini devono uscire dalla mala convinzione che i professionisti sanitari sono sempre e comunque i responsabili dei disagi degli ospedali – si sfoga – è questo un male sociale che va debellato” E sottolinea come negli ultimi tempi, siano in particolare le donne impegnate nella sanità a fare le spese di una violenza sempre più presente nei presidi di salute. “I posti di lavoro, nei pronti soccorsi, nei reparti nevralgici, durante le guardie mediche, nel servizio del 118, in ambienti notoriamente difficili come i reparti con malati psichiatrici, nonché le carceri, non sono più luoghi sicuri per le nostre donne della sanità che, non dimentichiamolo, prima di tutto sono madri, mogli, sorelle, figlie, sono il perno della nostra società, e come tali vanno sempre difese”. E spezza una lancia in favore del più sensibile approccio che una donna può avere nei confronti della sofferenza. “L’empatia, oltre che le competenze di una donna, nella sanità, sono un fattore chiave nella guarigione dei malati”. E porta, ad esempio, la  dottoressa aggredita di recente in Puglia, disposta a dimettersi dal ruolo piuttosto che continuare a subire violenza. Ricorda anche la triste vicenda della professionista sanitaria violentata e uccisa in India, aprendo un varco sulle  violenze alle operatrici sanitarie al di fuori dei nostri confini, fornendo dati inconfutabili. In Italia, secondo Aodi, c’è stato un aumento del 40% degli episodi di violenze fisiche e psicologiche contro le professioniste sanitarie negli ultimi tre anni e un aumento del 35% delle discriminazioni contro le professioniste sanitarie di origine straniera. La ragione per cui, molte di loro, dopo i primi anni nel nostro Paese, preferiscono andare in Germania, in Svizzera, in Olanda o nel Regno Unito. Non meno confortanti le statistiche a livello mondiale: si registra un aumento del 42% delle aggressioni contro i professionisti della sanità, in special modo donne, tra cui oltre la metà sono dottoresse e infermiere. In Europa la media delle aggressioni tocca il 40% dei professionisti. Amsi, Umem, Uniti per Unire – il network di cui Aodi è presidente – si occupano da tempo anche di violenza contro le donne al di fuori degli ospedali e hanno constatato come, nei luoghi di lavoro al pari della famiglia, l’uomo eserciti il suo potere, “espressione di quel maschilismo – chiosa Aodi – che rimane una piaga e quando sfocia in abuso è un crimine da combattere”. Per sconfiggere il vecchio adagio che “tutto il mondo è Paese”, un triste primato da non eguagliare. Nella foto: Foad Aodi

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