Asl Roma 1, taglio del nastro con polemica
C’è tutta la rappresentanza dei grandi eventi. L’11 maggio all’inaugurazione del padiglione per la cura dei disturbi del comportamento alimentare (Dca), non mancava nessuno. Nel grande parco dell’ex ospedale psichiatrico romano del Santa Maria della Pietà, tutti impegnati a tagliare il nastro: il presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti, l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, il direttore generale della Asl Roma 1 Angelo Tanese, il presidente del XIV municipio Marco Della Porta, circondati da una platea di dipendenti entusiasti. Il padiglione 14, dove fino al 1978 erano ospitati gli “Agitati uomini”, è stato riconvertito a servizio di cura di una patologia classificata come disturbo psichiatrico. Il sito della Asl Roma 1 fornisce questa definizione: “persistenti disturbi del comportamento alimentare associati a comportamenti finalizzati al controllo del peso e delle forme corporee, che danneggiano la salute fisica e il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessun’altra condizione medica o psichiatrica”. Sono stati messi a disposizione sette posti letto destinati a pazienti dai 13 ai 25 anni, la fascia di età più critica per tale patologia. Un primo passo di quella che dovrebbe diventare una rete di servizi sul territorio accessibili al cittadino che ne abbia necessità. Ma non tutti plaudono alla iniziativa. In un comunicato stampa dai toni inequivocabili, la presidente della Consulta regionale per la salute mentale Daniela Pezzi contesta alla Regione Lazio di aver violato la legge. “Riaprono il manicomio di Roma Capitale” titola nella nota ed elenca tutti i motivi ostativi a tale destinazione, inclusa la sentenza 1422 del 2003 con cui il Consiglio di Stato ha stabilito per gli ospedali che ospitavano gli affetti da patologie mentali – chiusi in seguito alla legge Basaglia, la 180 approvata il 13 maggio del 1978 – un utilizzo produttore di reddito, con la sola esclusione dell’uso psichiatrico. Una decisione con precedenti nel combinato disposto di varie norme, a partire dal 1994, fino alle più recenti, la legge 449 del 1997 e la 388 del 2000. Entrambe le norme, stabiliscono che “i beni mobili e immobili degli Ospedali Psichiatrici dismessi possono essere utilizzati per attività di carattere sanitario, purché diverse dalla prestazione di servizi per la salute mentale o dalla degenza o ospitalità di pazienti dimessi o di nuovi casi”. Regione Lazio, Asl Roma 1 e Roma Capitale, hanno siglato negli anni numerosi accordi (vedi https://www.sireneonline.it/wordpress/?p=9601) che sembrano andare in tutt’altra direzione rispetto a quanto richiesto da numerosi settori della cittadinanza, dal volontariato alle associazioni di tutela dei malati, passando per i comitati di quartiere e le associazioni di tutela del patrimonio storico-artistico romano. Non si sottrae a tali contestazioni Daniela Pezzi che nel comunicato non manca di “rendere pubblico il proprio dissenso, sconcerto e dolore”, sottolineando “l’indelicatezza istituzionale con cui si è fissata l’inaugurazione del reparto a ridosso della ricorrenza del 13 maggio 1978, giorno in cui l’approvazione della legge 180 ha reso orgogliosamente l’Italia l’unica nazione al mondo senza manicomi”. Ferma restando la volontà di appoggiare l’attivazione di servizi per la cura dei disturbi alimentari “secondo equità, pari opportunità di risposte di salute e di accesso alle cure”, la presidente rammenta ai vertici regionali l’impegno della Consulta, a partire dal 2014, per sollecitare l’avvio della rete di sostegno ai pazienti affetti da Dca, senza mai avere alcun riscontro. E ora chiede che, in ossequio alla legge, sia attivata la rete assistenziale, destinando i padiglioni del Santa Maria della Pietà a funzioni che non ricalchino l’impronta dell’ospedale psichiatrico, cancellato grazie a battaglie di civiltà durate anni.