Asl Roma H, è battaglia sui buoni pasto
La direzione chiede la restituzione, il tribunale smentisce le restrittive disposizioni regionali.
Asl Roma H: è guerra per i buoni pasto. Nell’azienda sanitaria dei Castelli Romani dal 2011 va avanti un contenzioso tra direzione, lavoratori e sindacati. Il vertice aziendale ha chiesto il recupero delle somme dei ticket, del valore di 5,16 euro distribuiti ai dipendenti dal 2008, grazie a un accordo sindacale sottoscritto nel 2007 e poi disdetto dalla direzione generale. Il ripensamento sul diritto al pasto per i lavoratori è dovuto alle disposizioni regionali legate al piano di rientro e di recupero delle risorse. La mensa, o i ticket sostitutivi, secondo la Regione Lazio dovrebbero essere garantiti soltanto a chi osserva un orario prolungato ma la materia del contendere è dovuta al fatto che la disposizione entrata in vigore nel 2011, è stata applicata nella Asl Roma H in modo retroattivo con richiesta di recupero delle somme “indebitamente percepite”, secondo il management della Asl, negli anni 2008, 2009, 2010. Non la pensano così i sindacati, in particolare la Cisl, che ha promosso un ricorso al tribunale di Velletri, i cui giudici hanno invece sposato la tesi sostenuta dai rappresentanti sindacali, pronunciando una sentenza favorevole al lavoratore e condannando la Asl a risarcire 2000 euro più spese di lite. Secondo i giudici i contratti collettivi di categoria, nazionali e aziendali, hanno la priorità sulle disposizioni regionali, non c’è piano di rientro che tenga. Così, dal 2013 sulla Asl incombe la minaccia di migliaia di ricorsi, con l’insidia di dover sborsare diversi milioni di euro. A due anni di distanza la vertenza non è ancora conclusa: i sindacati da una parte, che denunciano le richieste di rimborso perfino a dipendenti deceduti e l’amministrazione che non arretra di un passo – sentenza permettendo – reclamando la restituzione di una cifra oscillante tra i 500 ai 1200 euro per dipendente. “Di fronte a una richiesta di risarcimento milionaria non mi resterebbe di fare altro che chiudere l’azienda”, sentenziava nel 2013 l’allora direttore Claudio Mucciaccio. Chissà se oggi – alla luce della sentenza che restituisce soldi ai pensionati cui il governo Monti li aveva sottratti – sarebbe dello stesso avviso.