Il primo allarme è partito da Verona a settembre: all’Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico (Irccs) Sacro Cuore di Negrar, a due infermiere sarebbero stati negati i “diritti di legge in materia di maternità per l’allattamento” e dall’Usb, Unità sindacale di base è partita la presa di posizione contro la struttura, che si è affrettata a smentire. A novembre, il caso si ripete nel Lazio. Si ipotizza il differimento dell’assunzione di alcune infermiere in gravidanza, una volta esaurito il periodo di assenza obbligatoria per maternità. Il comunicato sindacale porta la data del 4 dicembre ma soltanto il 21, dopo la denuncia online della deputata del Pd Michela De Biase e alcuni articoli di giornale, la vicenda si gonfia, salvo poi ridimensionarsi, dopo la decisa smentita della Regione Lazio e delle aziende coinvolte: la Asl Roma 2, gli Istituti Fisioterapici Ospitalieri – Regina Elena e San Gallicano di Mostacciano – l’azienda ospedaliera San Giovanni Addolorata e la Asl di Rieti. “Siamo arrivati allo Stato che calpesta i diritti fondamentali delle donne lavoratrici, una follia” tuona De Biase nella nota pubblicata sul sito del partito, e annuncia una interrogazione al ministro della Salute Orazio Schillaci. Dello stesso tenore il comunicato del gruppo del Movimento 5 stelle alla Regione Lazio. “Le segnalazioni emerse in queste ore su un possibile rinvio delle assunzioni di infermiere vincitrici di concorso pubblico, giustificato dal loro stato di maternità – riporta una nota di M5s – sono inaccettabili e richiedono risposte immediate. Vista la gravità della vicenda è opportuno che il presidente Rocca intervenga in Commissione Trasparenza per fornire spiegazioni dettagliate”. I contestatori del presunto provvedimento denunciano la “palese violazione dei diritti fondamentali sanciti dalla Costituzione e dalla normativa vigente, in particolare per quanto riguarda l’uguaglianza e il rispetto verso le lavoratrici madri”, adducendo la sacrosanta motivazione che “nel 2024 è impensabile che si consideri la maternità un ostacolo alla carriera o un pretesto per ritardare l’accesso al lavoro, specie in un ambito cruciale come quello sanitario”. Pronta la risposta dei vertici della Regione Lazio. Oltre alla secca smentita dalla presidenza, in una nota affidata al presidente della commissione Bilancio della Pisana Marco Bertucci, si precisa: “ Le norme di diritto del lavoro, per cui fa fede il Testo Unico in materia , sono il solo riferimento per l’analisi di questi casi e non prevedono in alcun modo l’assenza o il rinvio dell’assunzione in caso di gestazione. Altresì – continua Bertucci – è previsto tra le casistiche che il medico del lavoro possa assegnare temporaneamente e propedeuticamente ad altro incarico la donna in gravidanza nell’eventualità che la mansione metta a rischio la sua salute o quella del nascituro. Davanti ad una normativa così chiara, la vicenda sembra rappresentare un equivoco, che, sono sicuro, sarà chiarito al più presto”. Un chiarimento sollecitato anche nella seduta del Consiglio regionale del Lazio, da parte del presidente della stessa assise Antonello Aurigemma e della presidente della commissione Sanità Alessia Savo.

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