Attese in pronto soccorso, il dramma del Lazio

Denuncia dell’Usb che punta l’indice contro il taglio dei posti letto e la carenza di personale

Soste forzate in pronto soccorso, un problema per i lavoratori dell’emergenza. L’allarme viene dalla Unione sindacale di base (Usb), che da anni chiede un risanamento di tutta la rete assistenziale con l’assunzione del personale in pronto soccorso, nel 118 e negli ospedali pubblici. Non solo, il sindacato si batte affinché la tanto sbandierata assistenza territoriale sia realmente potenziata, dopo i tagli e le riduzioni di servizi degli ultimi anni. “è enorme la responsabilità che grava sugli operatori delle centrali operative del 118” sostiene una nota dell’organizzazione. “Non avendo mezzi disponibili da inviare per poter evadere le richieste della cittadinanza, i lavoratori incorrono spesso in problemi medico-legali. Denunciamo che né l’Ares 118 né la Regione Lazio ad oggi sembrano prendersi l’onere giuridico e morale di tale situazione”. Sono note le difficoltà che da decenni il sistema di emergenza si trova ad affrontare in coincidenza del picco influenzale, dei ponti festivi o delle ondate di calore. Per l’Usb le maggiori responsabilità sarebbero “della Regione che, dopo tagli indiscriminati, si è dimostrata incapace di prevedere, programmare, organizzare, attuare misure di protezione sanitaria della collettività per fronteggiare emergenze prevedibili e previste. E puntano l’indice sui numeri del 118: dall’atto della sua costituzione nel 2004 contava 3.249 dipendenti, attualmente ne conta 1.763. Delle iniziali 165 ambulanze più 35 della Croce Rossa oggi ne conta 100 pubbliche e 100 convenzionate, considerando che la popolazione è aumentata di numero, è aumentata l’età media come sono aumentate le malattie croniche, con chiamate più che raddoppiate.

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