Auguri 118, diventato troppo presto 112

L’Italia, si sa, è il Paese in cui le più importanti istituzioni e gli organismi a esse connessi, sono eterne e immodificabili, a dispetto della continua evoluzione della società. Unico ambito in cui tutto cambia (perché nulla cambi, ndr) è la sanità. Sono anni che assistiamo alla rapida frantumazione di insegne e carte da ufficio, alla distruzione di timbri ed etichette, al reset di programmi informatici e progetti di formazione perché gli enti che governano ospedali e ambulatori hanno cambiato nome varie volte nel giro di pochi anni: da Usl ad Asl passando per le Asp e le Ats. E ora toccherà alle case della salute: da poliambulatori ristrutturati quali erano, diverranno case di comunità, che fanno il paio con i presidi ospedalieri anch’essi nosocomi in “nome collettivo”. Non si sottrae al medesimo destino il servizio di emergenza sanitaria. Era il 27 marzo 1992 quando il presidente della Repubblica Francesco Cossiga firmava il decreto presidenziale “Atto di indirizzo e coordinamento alle regioni per la determinazione dei livelli di assistenza sanitaria di emergenza”, una assoluta novità per la sanità dell’emergenza/urgenza che aspirava alla gestione unitaria di un settore di estrema complessità e delicatezza. A Roma all’epoca il servizio ambulanze si chiamava Pic, pronto intervento cittadino e aveva la sua piccola sede davanti al Colosseo. Una insostituibile veduta, rimpiazzata due anni più tardi dalla nuova centrale operativa “Lazio soccorso 118”, ricavata dall’edificio ristrutturato della ex lavanderia dell’ospedale San Camillo. La aprirono in quattro: un responsabile, un funzionario amministrativo, una capo sala e un autista per la formazione dei nuovi addetti. Da allora il cammino non si è mai arrestato: come una valanga di neve che ingrandisce rotolando su se stessa, il 118 è cresciuto, è diventato azienda regionale emergenza sanitaria Ares – non sappiamo se sia intenzionale il nesso con il dio greco della guerra e della lotta – di fatto, di lotte il servizio ne ha fatte parecchie per imporsi, come soggetto affidabile. La distanza tra il passato e l’attualità è sotto gli occhi di tutti ma ci fa piacere ospitare un primo intervento sul tema, con l’auspicio di stimolare una discussione. Intanto il numero dell’emergenza, entrato ben presto nell’immaginario collettivo come risorsa a cui affidarsi in caso di necessità, ha cambiato pelle ma solo esteriormente: da 118 è diventato 112, numero unico che raggruppa le chiamate indirizzate alle forze dell’ordine, ai vigili del fuoco e, appunto, alla sanità. Scelta oculata? Chissà. Ce lo ha chiesto l’Europa e si sa, ubi maior…

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