Bambino Gesù, lavoratori in lotta per il contratto
Sostenuti dalla Cisl, i dipendenti accusano la dirigenza di “accordi al ribasso”
Non è un pesce d’aprile. Non è nemmeno una falsa immagine, generata dall’intelligenza artificiale. Gli striscioni campeggiano nello spartitraffico di viale Ferdinando Baldelli e in viale di San Paolo da mesi. Sono le arterie su cui si affaccia la sede romana del grande poliambulatorio del Bambino Gesù, i cui dipendenti invocano da cinque anni il rinnovo del contratto e non abdicano di fronte a un accordo al ribasso. “Lo Stato finanzia e l’ospedale del Vaticano toglie: 3 milioni 700mila euro l’anno ai lavoratori”, è lo slogan ricorrente, seguito da quello in cui si precisa che è una legge italiana, la numero 187 del 1995 a regolare i rapporti tra Italia e Santa Sede per quanto attiene alle prestazioni sanitarie. Ovvero alle stesse prestazioni, ai sensi dell’articolo 11 della normativa in oggetto, “il Ministero del tesoro (Economia, ndr) provvede, a valere sulle quote del Fondo sanitario nazionale spettanti alle regioni e province autonome, all’assegnazione direttamente all’ospedale Bambino Gesù”, sulla base della contabilità delle prestazioni rese, inviata ogni trimestre al ministero della Salute. Più fitto il mistero sulle modalità di erogazione: leggendo il testo varrebbero le disposizioni previste dall’articolo 8 commi 5 e 6 del decreto legislativo 502 del 1992 che, in realtà risultano abrogate, con incomprensibili quanto introvabili rimandi a una nuova normativa. L’elemento più interessante, che desta grande attenzione, emerge dal comma 3 della disposizione: “il ministero dell’Economia è autorizzato a erogare in quote trimestrali a titolo di acconto, il 90% di quanto corrisposto nell’anno precedente”, indipendentemente dal numero di prestazioni effettuate. Una vera boccata di ossigeno per l’ospedale pediatrico che per lo Stato italiano, secondo quanto riportato dalla pagina web www.ospedalebambinogesu.it/natura-giuridica, risulta entità di diritto privato di proprietà della Santa Sede, “oggetto di specifica disciplina normativa” anche in relazione alle finalità dei “compiti svolti in vista del bene pubblico”. Una attribuzione prestigiosa, che si presta a molte interpretazioni, specie in previsione di futuri accordi di espansione dell’attività, che l’ospedale vaticano persegue da tempo e a cui lo Stato italiano si dimostra favorevolmente condiscendente. Lo scorso 16 marzo, nel celebrare il centenario della nascita del nosocomio per i bimbi, che vide la luce il 24 gennaio 1924, Papa Francesco, evidenziando il ruolo di “punto di riferimento per famiglie che vengono da tutto il mondo”, ha sottolineato che “resta fondamentale, nella sua storia e nella sua vocazione, l’elemento del dono, con i valori di gratuità, generosità, disponibilità e umiltà”. Chissà se i lavoratori in lotta se la sentirebbero di sottoscrivere tali virtuose caratteristiche.