Basaglia, il rivoluzionario e Don Uva il precursore

Salute mentale: prima della Legge 180 del 1978, nota con il nome di Franco Basaglia suo ideatore, i malati con disturbi psichici erano considerati irrecuperabili, pericolosi socialmente e venivano allontanati dalla società, emarginati. Lo psichiatra innovatore ci lasciò il 29 agosto 1980 a 56 anni e la sua opera controcorrente, nel campo dell’assistenza ai pazienti con disturbo psichico, nel bene e nel male ha lasciato il segno. Liberi tutti, ovvero manicomi chiusi, per restituire dignità ai malati in essi reclusi. Un radicale cambiamento che ha avuto notevoli ripercussioni, non sempre positive, nella società. Veneziano, laureato a Padova, contrasta fin dall’inizio le idee di Cesare Lombroso e si avvicina all’esistenzialismo di Jean Paul Sartre. Si specializza nel 1953 in malattie nervose e mentali presso la facoltà della clinica neuropsichiatrica di Padova abbracciando da subito tendenze progressiste. Nel 1961 diventa direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia e si allinea alle teorie di Sigmund Freud, sostenendo che il rapporto tra terapeuta e paziente debba basarsi sul dialogo e non sull’annientamento del soggetto debole. Dare dignità ai malati psichici, questo il suo credo, riconoscendoli come persone. Sebbene inizialmente fosse un personaggio scomodo, ben presto, nella società post rivoluzione studentesca ricca di fermenti innovatori, divenne leader carismatico nel suo campo, il cui insegnamento resta valido ai nostri giorni e le cui gesta hanno ispirato letteratura, cinema, arte. La legge 180, tra alti e bassi, è ancora in vigore e regola l’assistenza psichiatrica in Italia pur non essendo mai stata applicata in modo completo. Ospedali psichiatrici, spesso veri e propri lager, definitivamente chiusi, al loro posto il nulla. Nella sanità riformata dalla legge 833 del 1978 e successive integrazioni – per dirla in modo burocratico – le casse desolatamente vuote di Asl e ospedali non hanno consentito di provvedere alla cura, accoglienza, integrazione dei malati di mente. Neanche la volontà politica ha aiutato a risolvere il problema. Così i soggetti affetti da disturbi della psiche, si sono trovati soli, il più delle volte seguiti con grande difficoltà e scarsi risultati dai Dipartimenti di Salute mentale delle Asl. Non possiamo perciò, non ricordare, insieme all’utopia basagliana, un’altra “tranquilla rivoluzione” proposta per l’aiuto a persone affette da malattia mentale. Si tratta della creazione, nel 1922 della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, ad opera di Don Pasquale Uva, un sacerdote nato nella città pugliese nel 1883, che ebbe la sua ispirazione in un negozio di libri usati del centro di Roma, acquistando due volumi con la storia del Cottolengo di Torino. Figura poco conosciuta e colpevolmente ignorata, tra mille difficoltà, mancanza di sostegni, insistente ricerca di fondi tra donazioni e piccole sovvenzioni, nonostante le critiche della società del tempo, Don Uva portò avanti la sua utopia, assistendo malati psichici e disabili gravi, salvandoli dalla emarginazione – nel Sud Italia non esisteva alcuna struttura assistenziale – fondando altri centri a Foggia, Potenza, Guidonia e Palestrina. Si batté contro l’emarginazione del malato e l’intuizione più rilevante fu l’idea di integrazione delle persone assistite. Coadiuvato dalle suore Ancelle della Divina Provvidenza, valorizzò le capacità degli ospiti creando laboratori di falegnameria, tipografia, ricamo, piccolo artigianato e incentivando la coltivazione degli orti. Numerosi disagiati trovarono lavoro al di fuori dell’istituto, integrandosi perfettamente nella società. Il coronamento del sogno di Don Pasquale, scomparso nel 1955. Persone un tempo in difficoltà, conquistano attraverso il reinserimento nella società “uguali diritti come gli altri”. Purtroppo, come accade spesso, a precursori illuminati si sostituiscono personaggi a dir poco discutibili, così nel 2015 una inchiesta per bancarotta ha travolto i vertici dell’Istituto, tra cui il senatore Antonio Azzollini, un passato nel Pds da cui fu espulso, per poi approdare a Forza Italia e Polo delle Libertà, con varie giravolte. Nel gennaio 2020 il Tribunale di Trani ha condannato a 1 anno e 3 mesi Azzollini (pena sospesa) per concorso in bancarotta semplice, in seguito al processo sul crac da 500 mila euro della Casa della Divina Provvidenza di Bisceglie, una macchia che non infanga l’eredità spirituale di Don Uva.

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