Buona sanità: “Non si fa col tribunale”

L’annuncio della nascita del Tribunale per i diritti del medico, da parte dell’Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e degli odontoiatri di Roma, impone riflessioni di vario genere. La prima è che sicuramente sono i malati  i soggetti più deboli che accedono al  Servizio sanitario nazionale. Emblematico, a tal riguardo, è l’episodio della bambina arrivata in fin di vita al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Filippo Neri e deceduta. La violenza esplosa alla notizia dell’evento infausto è sintomo di una asimmetria informativa: pazienti e familiari quasi mai comunicano con i medici oppure la comunicazione non tiene conto della debolezza psicologica in cui si trovano gli assistiti e le loro famiglie. Gli organismi a tutela dei malati e dei loro diritti difficilmente si contrappongono ai medici o ai direttori sanitari. Entrambi i soggetti dovrebbero ricercare congiuntamente quella qualità del servizio che sola può evitare barriere all’incomunicabilità nelle strutture sanitarie. Quanto tempo e quante risorse si investono nella comunicazione con il malato nelle corsie o negli ambulatori? Si riesce a comprendere il grado culturale di chi abbiamo di fronte, ci immedesimiamo nei sentimenti altrui, specie se sofferente? Riusciamo per un attimo a scendere dal piedistallo e a favorire il tratto umano essenziale a ogni rapporto? Più che un Tribunale per i Diritti del medico  dovremmo stimolare il buon senso da parte di tutti: i Tribunali lasciamoli per i ladri e gli operatori maldestri, a volte presenti  nel pianeta sanità.
Corrado Stillo


Corrado Stillo

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