Case di comunità o cattedrali nel deserto?
Medicina territoriale: insufficienti le realizzazioni con i fondi del Pnrr. Presidi scarsi e disorganizzati
I dati forniti dall’Agenas, agenzia per i servizi sanitari regionali, relativi alla valutazione sull’attuazione del decreto del ministero della Salute 77 del 2022 – che delinea l’organizzazione della medicina territoriale – mostrano un quadro preoccupante, che evidenzia la difficoltà di organizzare l’assistenza di prossimità. Da tempo i sindacati, per primi, hanno lanciato un grido d’allarme sui ritardi nella attivazione dei presidi locali, considerato che alla fine del 2024 sono state soltanto 485 le case di comunità realizzate sulle 1.717 previste, vale a dire il 28% rispetto a quanto programmato e molte di queste non hanno ancora attivato tutti i servizi sanitari di competenza. Entrando nel dettaglio, si evince ancora di più l’inadeguatezza della organizzazione messa in piedi grazie ai fondi del Pnrr. Le case di comunità principali, con tutti i servizi obbligatori attivi e con la presenza del personale medico e infermieristico attivo 24 ore su 24 e 7 giorni su 7 e quelle in funzione 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana (denominate, rispettivamente hub e spoke, secondo la terminologia aereonautica), sono state appena 46 ovvero uno sconfortante 3% sul totale garantito. A completare il deludente quadro, si aggiungono le 118 le case di comunità dotate di tutti i servizi obbligatori ma senza la presenza di medici e infermieri, mentre gli ospedali di comunità – che dovrebbero garantire una assistenza con i cosiddetti ricoveri “a bassa intensità assistenziale” – con almeno un servizio attivo sono 124, su un totale di 568 strutture previste, circa il 22% del totale. Sul tema si è espresso il segretario nazionale della Ugl Salute Gianluca Giuliano (nella foto), che spara a zero sulla carente organizzazione di quello che doveva essere il rilancio del Servizio sanitario. “Avviare strutture per la sanità territoriale senza avere la possibilità di utilizzarle a pieno regime per la mancanza di personale al proprio interno è semplicemente assurdo – attacca Giuliano in un comunicato – così la tanto attesa barriera che dovrebbe allentare la pressione sugli ospedali e garantire ai cittadini assistenza e cure in vicinanza è un puro miraggio nel deserto di un Servizio sanitario nazionale sempre più in affanno”. E propone, quale unica soluzione possibile, l’impegno a garantire investimenti consistenti “non briciole di propaganda sul personale – continua il segretario – attraverso aumenti degli emolumenti, possibilità di progressione di carriera, formazione. Per farlo c’è bisogno di avviare un patto nazionale sulla sanità dove ogni componente faccia la sua parte, dalla politica fino a tutte le forze sociali, senza pregiudiziali ideologiche. In caso contrario, il destino del Servizio sanitario pubblico sarà segnato”. Un monito severo, quello del segretario nazionale Ugl Salute e chi vuole intendere intenda.