Gli errori nella somministrazione dei farmaci, responsabili delle cause più frequenti di morbosità e mortalità nei pazienti ospedalizzati, sono in aumento a livello globale. Studi recenti evidenziano come un fattore determinante sia la stanchezza psicofisica degli infermieri, una condizione che mina enormemente la sicurezza delle cure e il benessere dei professionisti sanitari. Secondo una recente indagine condotta dall’Università di Genova, il 59% degli infermieri italiani si sente molto stressato, il 47,3% privo di energia e il 40,2% soffre di esaurimento emotivo. La cronica carenza di personale, i turni massacranti e il carico di lavoro eccessivo, uniti all’insoddisfazione lavorativa legata a stipendi poco dignitosi e a prospettive di carriera poco edificanti, non solo aumentano i rischi di errore, ma spingono il 45,2% degli infermieri a considerare di lasciare la professione. Errori tra i più comuni nella somministrazione dei farmaci – definiti Medication Administration Errors (MAEs) – includono omissioni, sviste nel dosaggio o scarsa vigilanza. Secondo il Journal of Clinical Nursing, l’82% degli studi analizzati associa la stanchezza a prestazioni cognitive ridotte e diminuzione della sicurezza del paziente. Un quadro allarmante, che il segretario del Coina, sindacato delle professioni sanitarie, Marco Ceccarelli commenta come espressione di “dati inequivocabili”, ribadendo la condizione degli infermieri che “nel 2024 hanno operato in condizioni insostenibili, mettendo a rischio la propria salute e quella dei pazienti”. Le motivazioni sono sempre le stesse: turni prolungati, ritmi stravolti e carenza di adeguata leadership. A tal fine, il segretario propone alcune soluzioni, che vanno dall’adeguamento degli organici agli standard europei – massimo sei pazienti per infermiere – al limite massimo di ore lavorative passando per adeguate pause e supporto psicologico e gestione dello stress. Sul piano qualitativo ed economico, si parla di oculata formazione della dirigenza e di aumenti salariali, in linea con i tredici punti della “Carta di Udine”, documento approvato in una recente assise dell’Ateneo friulano (nella foto), che prevede l’umanizzazione delle cure e il benessere organizzativo.

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