Covid: nessun allarme ma prudenza
Vaia, direttore della Prevenzione del ministero della Salute, spiega la nuova fase dell’infezione
Aumentano i casi di Covid in Italia. Nell’ultima settimana, secondo quanto emerge dal bollettino diffuso dal ministero della Salute, i positivi sono stati 21.316, circa 6.500 in più del periodo 24-30 agosto. Salgono a 94 i decessi, il tasso di positività è passato dal 10,5% al 12,6% ma secondo gli esperti, non c’è da allarmarsi, presentando l’agente patogeno dell’infezione da Sars-CoV2 minore virulenza rispetto al passato. Raccomandazioni confortanti provengono dal direttore generale della Prevenzione del ministero della Salute Francesco Vaia, già direttore generale dell’Istituto per le malattie infettive Spallanzani di Roma, da sempre in prima fila nella lotta al virus e quindi fonte di massima autorevolezza. L’esperto ha dichiarato all’agenzia Italpress: “L’attuale andamento clinico-epidemiologico non desta allarme ma richiede attenzione e misure di prudenza. Il ministero, nell’interesse primario della tutela dei cittadini più fragili, si muove in una duplice direzione: da una parte misure di protezione e prevenzione per la tutela e sicurezza sia dei pazienti che degli operatori e dall’altra predisposizione di una campagna di vaccinazione annuale che punti a proteggere coloro che in passato sono stati più colpiti da Covid: anziani, fragili, immunocompromessi”. Una raccomandazione di grande equilibrio, dote che da sempre Vaia ha manifestato, anche quando la bulimia informativo-terroristica dei media imperversava e che oggi, in presenza di varianti che derivano dalla Omicron – di cui ben conosciamo natura e possibili conseguenze non certo devastanti se non si è più che fragili – ben si accorda con la reale situazione, che non è certo pari alle condizioni con cui la patologia si presentò agli esordi. Di fatto, le grandi industrie del farmaco hanno aggiornato i prodotti per contrastare gli effetti più dannosi della patologia e hanno lanciato la loro campagna promozionale. Ma le mutazioni del patogeno, a quanto pare, sono più veloci dei farmaci e quindi la corsa è impari: ciò che si vuole inoculare è sempre riferito a varianti già superate. C’è da augurarsi che le nostre autorità sanitarie ne tengano conto. (Nella foto: Francesco Vaia)