Da Azienda a “Covid hospital”: la parabola del San Filippo

“Il San Filippo Neri doveva chiudere ma noi lo abbiamo salvato e lo stiamo sviluppando”. Con queste parole, il 7 febbraio 2019 Nicola Zingaretti, presidente della Regione Lazio e commissario per la sanità, inaugurando il nuovo reparto di psichiatria, rassicurava lavoratori e cittadini in allarme per la ventilata chiusura dell’ospedale di Roma Nord. Era già successo. Stessa scena, stesso nastro, analoghi discorsi, il 25 ottobre 2018 inaugurando il reparto ortopedia, il laboratorio analisi e il servizio odontoiatrico per bambini. E ancora, il 22 aprile 2016, era la volta di nuovi reparti della maternità, l’anatomia patologica, il centro trasfusionale, un nuovo blocco operatorio, il Cup, il pronto soccorso. Una mole di investimenti, partiti dal 2014 con innovativi interventi strutturali e una copiosa colata di cemento affiancata alle storiche strutture dell’ex sanatorio degli anni Quaranta del secolo scorso. L’ospedale del Trionfale era ancora un’azienda ospedaliera con tutti i crismi, qualificate professionalità, eccellenti reparti specialistici, ottimamente servito da una rete di trasporti che ha nel treno Roma-Bracciano il suo punto di forza. Grazie a un finanziamento del 2006, per circa 27 milioni, l’azienda aveva sempre resistito alle voci che la volevano ridimensionata, in un quadrante che vede una cospicua offerta sanitaria, specie da parte di strutture religiose, a discapito di quelle pubbliche. Completamente rinnovate, negli anni, le strutture del cosiddetto “corpo A” e del 4 piano del corpo B, nonostante le minacce di chiusura. Lo stesso Zingaretti fin dal 2013, poco prima della sua elezione al vertice della Regione, aveva fatto tappa al San Filippo per la sua campagna elettorale, sempre con la stessa rassicurazione. Improvvisamente, dal 1° gennaio 2015 l’azienda ospedaliera cessa di esistere e il nosocomio – punto di riferimento per i cittadini di Roma Nord-Ovest e dell’area di Bracciano – diventa presidio ospedaliero afferente alla Asl Roma E, destinata a fondersi un anno dopo con la Roma A, andando a costituire la Asl Roma 1, come in un gioco di scatole cinesi. Proprio in quest’ultima, si è tenuta nei giorni scorsi una riunione in cui si annunciava la trasformazione del San Filippo Neri in polo Covid, tra lo sgomento degli operatori e dei cittadini. “Il San Filippo Neri è l’unico ospedale pubblico di Roma Nord, copre tutto il nord del Lazio ed è riferimento per altri ospedali come Villa San Pietro”, ci dice Anna, residente a Bracciano e assidua frequentatrice del San Filippo di cui ha sempre avuto estrema fiducia. “Questo significa che il nosocomio sarà tutto Covid e tutti i pazienti in lista di attesa, per interventi specialistici e che fanno cure per tante patologie non potranno più essere seguiti dai loro medici”, continua rassegnata. La sensazione è che molti di questi saranno costretti a rivolgersi ad altre strutture, si pensa in primo luogo al vicino policlinico Gemelli e al Sant’Andrea che, secondo Anna sono già sovraffollati, con liste di attesa insostenibili. Analoga preoccupazione serpeggia tra i medici del San Filippo, che insistono nel sostenere che “in Italia non ci si ammala solo di Covid e gli specialisti in una disciplina, non si possono improvvisare virologi o specialisti in patologie polmonari”.  Sono in molti, i camici bianchi che sostengono la necessità di aprire centri Covid a Roma, non depotenziando un ospedale polispecialistico bensì riconvertendo strutture dismesse e attualmente inutilizzate, come il Forlanini e il San Giacomo. Proprio quest’ultimo, venne smantellato e chiuso il 31 ottobre 2008 dopo una costosa ristrutturazione di 11 milioni. La storia si ripete.  

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