Dialisi: tagli al pubblico, spesa aumentata
Dialisi, morte lenta del servizio pubblico. Lo stillicidio di soppressioni va avanti in modo inesorabile, a danno dei malati, delle famiglie, di tutta la collettività perché taglio dei posti per dializzati significa, paradossalmente, aumento della spesa pubblica per i rimborsi ai privati convenzionati. Il paradosso è che si taglia il servizio pubblico per risparmiare, affidando la gestione dei pazienti ai privati convenzionati ma la spesa aumenta. Nel primo semestre del 2012 si è prodotto un esborso di oltre 900 mila euro e la voragine è destinata a ingrandirsi. Tutto è iniziato con la chiusura dell’ospedale San Giacomo nel 2008, che aveva un grande e apprezzato centro dialisi, per poi proseguire con la riduzione delle sedute dell’altro grande centro del San Camillo Forlanini, nel gennaio 2012 eliminando il turno serale, l’unico in una struttura pubblica in tutto il Lazio. Lo stillicidio è poi continuato con il dimezzamento dei posti al San Giovanni nel luglio dello stesso anno e con i malati dirottati nelle cliniche. Di recente, nei primi giorni di settembre, è toccato al Santo Spirito e al policlinico Tor Vergata, adottando lo stesso metodo della soppressione di alcuni turni di terapia, con costi umani ed economici indicibili. Nel 2010, su 4.585 pazienti totali il 52.3% veniva curato nel servizio pubblico, il 40,6% nel privato, il 7,1% in ambito domiciliare. Ora i rapporti si stanno invertendo e, se la chiusura di un turno di dialisi consente al Servizio sanitario regionale un risparmio di spesa per il personale di 165mila euro, lo spostamento di pazienti verso il privato convenzionato impone un costo annuo di 280mila euro. In conclusione: la chiusura di un turno di dialisi e lo spostamento dal pubblico al privato genera un costo aggiuntivo di 115mila euro l’anno a carico della Regione Lazio. Da rilevare poi un dato contraddittorio: nel 2010 l’Agenzia di Sanità pubblica ‘Lazio sanità’ stimava l’esistenza del 59,4 per cento di strutture di dialisi in ambito pubblico, contro il 36,3 per cento del 1994. In realtà non si tratta di una maggiore disponibilità del pubblico per i malati di reni sottoposti a terapia ma di una diversa classificazione dei centri. Dalla metà degli anni Novanta infatti, molte strutture private si sono trasformate nelle cosiddette UDD (Unità di dialisi decentrata), entrando nell’orbita del servizio sanitario regionale