Poteva essere la manna dal cielo: in realtà si è rivelato un tormento. L’articolo 20, contenuto nelle “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato” – la legge finanziaria del 1988 – destinato alla “esecuzione di un programma pluriennale di interventi in materia di ristrutturazione edilizia e di ammodernamento tecnologico del patrimonio sanitario pubblico”, è l’esempio più vivido del cattivo utilizzo di risorse. Soltanto in pochi sono riusciti a domare la mole di norme, regolamenti, prescrizioni, accordi, burocrazia, difficoltà tecniche e annessi vari che la disposizione si trascina dietro dal lontano 1988. Nelle tre Regioni virtuose Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, parte di quel forziere di 34 miliardi ha preso forma mentre, per il resto del territorio italiano, in più di 30 anni, dei 34 miliardi è stato impegnato appena il 25%. Lo riportano i dati della “Indagine conoscitiva sull’articolo 20” da parte della commissione Affari sociali e sanità del Senato, sollecitata dal dossier presentato dalla Corte dei conti in audizione il 9 maggio 2023. Da parte della commissione, presieduta da Francesco Zaffini, è emersa la necessità di modificare le regole di accesso ai fondi ex articolo 20, per venire incontro alle Regioni che non riescono a utilizzare tale dotazione. Così, si è fatto ricorso perfino al Pnrr nelle cui disponibilità, grazie a un decreto, è andata a confluire una parte dei fondi, per la precisione 1,2 miliardi destinati alle manutenzioni e messa a norma antincendio e antisismica delle strutture ospedaliere, a fronte di quasi 10 miliardi non ancora impiegati. Una situazione che ha avuto gravi ripercussioni in molte regioni, specie le più svantaggiate. Ne sanno qualcosa in Calabria, dove da anni si attende la messa a norma dell’ospedale di Locri, per cui c’è un decreto del commissario ad acta Roberto Occhiuto che attende da un anno di diventare esecutivo mentre si chiede una ulteriore proroga del provvedimento, facendo slittare ancora l’inizio delle indispensabili opere di ristrutturazione. Così denuncia la locale “Comunità competente”, realtà associativa di cittadini che da tempo si battono per una sanità migliore. “Come è possibile – scrivono in una nota i rappresentanti Francesco Costantino e Rubens Curia – che in una Regione con la maggior parte di ospedali fatiscenti, un Pil (Prodotto interno lordo regionale) tra i più bassi e una disoccupazione elevata la burocrazia non riesca a fare una gara? Chiediamo al presidente Occhiuto di approfondire la vicenda e attenzionare la procedura, perché sia dato alla Locride un ospedale a norma che si attende da 25 anni”. E soprattutto, ci sarebbero tutti i crismi, compreso il finanziamento che, da 14 milioni sarebbe passato a 39, in attesa che sia districata una delle più complesse operazioni partorite negli anni Ottanta ma, a quanto pare, ancora in fasce. (Nella foto: ospedale di Locri)

 

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