Sembrava Question time era campagna elettorale. L’interrogazione che Elly Schlein ha presentato alla Camera dei deputati il 24 gennaio, si è trasformata nel primo grande duello elettorale tra Giorgia Meloni, presidente del Consiglio e la segretaria del Pd. Sullo sfondo i temi della sanità, argomento che tocca la carne viva del Paese, ottimo tema per condurre un’agguerrita battaglia in attesa delle elezioni europee. Abilità dialettica di entrambe le leader infinita, novità nelle argomentazioni trattate nessuna. Come era prevedibile e come avviene sovente, a favore di telecamere e di un sistema mediatico che non aspettava altro. Da mesi ormai sta montando il desiderio di duello tra le due e l’enfatizzazione dell’evento il giorno dopo non fa che confermare tale istanza. A nostro avviso però, la salute dei cittadini è tema che non va confinato in una sfida: salute e sanità sono argomenti seri e ci piacerebbe che da un confronto a livelli tanto elevati venissero fuori preziose indicazioni e novità. Nell’aula progettata da Ernesto Basile, nel tempo stringato concesso a interrogazioni, risposte e repliche di parole-chiave ne abbiamo sentite: blocco delle assunzioni, liste di attesa, diritto alla salute solo per chi si può curare. Niente di nuovo sotto il sole. Leggendo tra le righe però, si possono trarre molti spunti di riflessione. Vediamo, voce per voce, cosa ci ha lasciato il botta e risposta del 24 gennaio. Sulla impossibilità di assumere personale oltre il tetto di spesa imposto dalle finanze è venuto fuori che tale vincolo – risalente al 2004 e aggiornato nel 2009 – non è mai stato modificato, da parte di tutti i governi che si sono succeduti. Ha avuto gioco facile Schlein nel citare proprio il 2009, anno in cui Giorgia Meloni era ministro del governo Berlusconi. Ministro per la gioventù. Alla Sanità c’era invece Maurizio Sacconi, a cui il 15 dicembre 2009 è succeduto Ferruccio Fazio. Forse più interessante è sapere chi era ministro dell’Economia, notizia che toglie ogni dubbio sulla attribuzione di tale scelta di rigore: Giulio Tremonti. Negli anni, nessun esecutivo si è mai allontanato da tale tendenza, perciò ricercare singole responsabilità, a questo punto risulta poco produttivo. Altro tema di interesse e molto sentito dalla collettività, le liste di attesa. Dai dati forniti dal ministero della Salute, è emerso che il 69% di risorse affluite alle regioni per abbattere il problema non è stato impiegato. In un contesto di autonomia differenziata, in cui sull’ente locale ricadrebbero tutte le responsabilità per gli inadempimenti, avremmo assistito a tale manifestazione di incapacità gestionale? E infine sanità pubblica impoverita a favore del privato, uno scenario sempre più inquietante, che le singole regioni gestiscono autonomamente attraverso gli accreditamenti. Anche in questo caso, entra in gioco la maggiore autonomia attribuita con la riforma prevista. Sarebbe importante se il dibattito politico si spostasse su questi piani, abbandonando i duelli a colpi di slogan. Ricordando, di tanto in tanto, che sui vincoli di spesa l’Europa avrebbe qualcosa da argomentare sul tema.

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