Elogio della lentezza, anche in medicina
Sobria, rispettosa, giusta. La medicina del futuro dovrebbe veder condensato in questo slogan la sua capacità di essere vicina alla persona, al suo vissuto, alle sue emozioni, lontana anni luce da suggerimenti e imposizioni di medici sempre più legati a ritmi dettati dalla diagnostica ipertecnologica e dalle esigenze del pareggio di bilancio aziendale. Se la sintesi dello slogan depone bene, la scelta della location per la presentazione non poteva essere migliore. La dolce Ferrara, città della bicicletta per antomomasia, dei ritmi rilassati, del buon vivere, accoglie il gruppo di lavoro della slow medicine che parte da lontano. Esordisce Andrea Gardini, direttore sanitario dell’azienda ospedaliero universitaria ferrarese narrando i prodomi italiani di una “Medicina appropriata e sostenibile per la comunità”. E’ un convegno a Torino, organizzato nel 2008 dalla Società per la qualità nell’assistenza sanitaria (Siquas Vrq), a porre l’accento su come coniugare qualità e sostenibilità riducendo costi e sprechi. Da allora i sedici professionisti – tra cui medici, psicologi, direttori di ospedali, docenti ma anche designer-comunicatori, pedagogisti ed esperti di scienze sociali – cui è stato conferito il mandato di studiare, programmare, porre in essere attività finalizzate allo scopo, si sono attivati e, insieme a numerosi lavori scientifici, hanno lanciato un manifesto che ha già visto numerose adesioni nel mondo sanitario e non solo. Fu Dennis MCCullogh, medico di famiglia e geriatra Usa, a sostenere per primo, in un fortunato bestseller, la possibilità di un approccio meno invasivo nelle cure ed è del 2002 sull’Italian Heart Journal, il primo articolo scientifico del cardiologo Alberto Dolara del Careggi di Firenze per “L’invito a una slow medicine”, portando ad esempio le evidenze scientifiche legate ai ricoveri multipli per scompenso cardiaco. In sostanza, sostiene il medico fiorentino, “un moderato prolungamento della degenza con dimissione protetta, seguito da accurati controlli ambulatoriali, terapia domiciliare e stretti contatti con lo specialista, dall’ottimizzazione della terapia alla riabilitazione”, sarebbe molto più efficace di interventi invasivi con dimissioni a breve termine e possibili, conseguenti recidive con ricovero e duplicazione di cure. Così i sostenitori di questa pratica, mutuata dalla più celebrata slow food e identica negl intenti di ricerca di qualità e riscoperta di antica sapienza medica, hanno lanciato questa “rete di idee in cammino” che ha catturato al momento 60 sostenitori, pronti a spendere le proprie competenze per una pratica professionale che, come sostiene Giorgio Bert, esperto di medicina narrativa, “non semplifica ma adatta le scelte all’individuo, in un rapporto empatico riferito al sentire del soggetto.