Fantozzi in ospedale
E’ Natale per tutti ma non per molti. Sarà per il clima di vacanza, sarà per la contrazione dei ricoveri che sempre si registra in questo periodo, sarà per l’uggia dei pomeriggi invernali, che certo non invita agli spostamenti, ma questa volta all’appello dei vertici della Regione Lazio – impegnati a portare film e spettacoli in ospedale – non hanno risposto in molti. Non avessimo assistito con i nostri occhi, non avremmo creduto. In qualche nosocomio romano, all’esiguo numero dei degenti in attesa della proiezione, faceva da contraltare la robusta delegazione arrivata al seguito del direttore generale. Come spuntati dal nulla, nell’umido di un piovoso pomeriggio romano di fine dicembre, una ventina di potenziali spettatori si sono materializzati in pochi secondi: all’apertura delle portiere dell’auto blu la corte di consulenti, funzionari, medici, dirigenti e direttori si è spalmata nell’atrio monumentale di un grande nosocomio romano, dietro al manager, nell’intento di rimpolpare quel pubblico che la cosiddetta comunicazione istituzionale non è riuscita a conquistare. Un vero peccato: l’umanizzazione della degenza è segno di grande sensibilità. Portare sorrisi, leggerezza, condivisione delle proprie condizioni in un luogo aduso alla sofferenza è impresa di grande rilievo a cui va dato grande rilievo. Pubblicità, esortazioni, inviti da parte della Regione e delle direzioni aziendali non sono mancati. Allora cos’è che non è andato? Forse, nel clima di sconforto generale, permeato di tagli, ticket, liste di attesa, contrazione dei servizi, la vicinanza delle istituzioni al malato ha bisogno di ulteriori prove. Forse i cittadini, oltre a film, spettacoli, campagne di prevenzione gradirebbero un ambulatorio territoriale o un posto letto ospedaliero in più, meno file in pronto soccorso o liste di attesa sopportabili. Con amara ironia qualcuno, al cospetto di una sala proiezioni quasi vuota, ha ricordato la memorabile scena del“Secondo tragico Fantozzi”, obbligato ad assistere alla proiezione della “Corazzata Potëmkin”. Non siamo a tali livelli, però ci auguriamo che la sanità non subisca la sorte della carrozzina in caduta libera sulla scalinata di Odessa.