Liste di attesa, tema di massima attualità. I due provvedimenti, il decreto e il disegno di legge licenziati a pochi giorni dalle elezioni, hanno suscitato moltissime reazioni e pareri contrastanti. In realtà, sono molti i soggetti che da tempo hanno posto l’attenzione sui gravi ritardi della nostra sanità pubblica, vittima nel decennio 2011-2021 di un pesante definanziamento pari a 37 miliardi e di pesanti tagli a ospedali e presidi sanitari. Tra questi, Federconsumatori che nel giugno 2023 ha lanciato la campagna “Stop alle liste di attesa” e ha intrapreso, insieme all’area “Sociale e diritti” della Cgil, un capillare monitoraggio delle liste di attesa su tutto il territorio nazionale – che sarà presentato a Roma il 5 giugno – basandosi sui dati afferenti alle rappresentanze locali di Federconsumatori. Tra le principali criticità origine di ritardi e disfunzioni della sanità pubblica, risulta dal sondaggio la mancata trasparenza e una certa approssimazione nell’analisi dei ritardi nelle prestazioni su tutto il territorio nazionale. “Come emerge dalla Legge di Bilancio per il 2024 – scrive la federazione in un suo documento – il finanziamento per il triennio 2024-2026 non sarà sufficiente neanche a coprire l’impatto del­l’inflazione; fra l’altro il governo Meloni ha disposto ulteriori riduzioni della spesa sanitaria al 6,1% del PIL per il 2026”. Per arginare l’impietosa previsione, si propongono alcuni correttivi tra cui, in primo luogo spicca l’appropriatezza delle prescrizioni e, in secondo luogo e in opposizione alle ricette proposte dall’esecutivo, si contrasta il pagamento di incentivi al personale pubblico della sanità e la de­stinazione di ulteriori risorse al privato, a cui il decreto taglia-file propone di far ricorso in caso di lievitazione dei tempi di attesa del servizio sanitario pubblico. Come evidenziato dai dati Istat, circa il 7% della popolazione italiana, pari 4 milioni di persone, ha rinunciato alle prestazioni sanitarie per problemi economici o per difficoltà di accesso ai servizi riconducibili alle liste di at­tesa. Tra le regioni italiane indagate dal monitoraggio emerge, come era prevedibile, un Sud in grande sofferenza mentre l’Emilia-Romagna e la Toscana, sembrano offrire risposte accettabili ai bisogni di salute, pur con qualche area in situazione critica. Ė una storia che si ripete, su varie tematiche e in numerosissime occasioni. In sintesi, nel nostro Paese numerose sono le realtà in cui non è garantito il diritto alla salute e non sono rispettati i Lea – livelli essenziali di assistenza – come prestazioni irrinunciabili a che la sanità pubblica dovrebbe in ogni caso assicurare. Per questo Federconsumatori e Cgil sollecitano il governo in primis, e il ministero della Salute, a programmare il nuovo Piano nazionale per la gestione delle liste di attesa 2024-2026, “destinando adeguate risorse ed evitando che altri pezzi di sanità siano spostati verso il privato”, paventando ulteriori difficoltà legate alla prevista attuazione della autonomia differenziata, una riforma che completa le previsioni della modifica del Titolo V della Costituzione, con cui nel 2001 fu potenziato il ruolo delle Regioni in materia di salute.

 

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