Focolaio a Rebibbia femminile, vaccino lontano

Covid e carcere: precipita la situazione nella sezione femminile di Rebibbia. Si è sviluppato un focolaio con 55 detenute positive che, secondo il Garante regionale dei detenuti Stefano Anastasìa, potrebbero aumentare mentre tra il personale di sorveglianza i casi di positività sarebbero 4. Una situazione che si poteva evitare, se solo fossero stati ascoltati i ripetuti appelli dello stesso Anastasìa che dallo scorso autunno monitora la situazione nel penitenziario e cerca di sensibilizzare le autorità per velocizzare l’immunizzazione in una situazione difficile, di sovraffollamento e promiscuità come quella carceraria. Da parte regionale, si registra soltanto una dichiarazione che l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato ha rilasciato alla stampa il 1° aprile, per cui si dovrà aspettare l’arrivo delle dosi di Johnson & Johnson per partire con il piano vaccinale negli istituti di pena. Da quasi un anno i reclusi sono sottoposti a grandi sacrifici, come la restrizione dei colloqui con i familiari e delle attività svolte durante il giorno, come la scuola e i lavori socialmente utili. Dopo il controllo e l’attenuazione dei casi nel reparto maschile, che hanno avuto un picco nel mese di gennaio, il cluster a Rebibbia femminile è la spia di una situazione sfuggita al controllo. Proprio a inizio, anno alcuni reclusi positivi al virus trasferiti dal carcere di Sulmona a quello romano avrebbero facilitato la diffusione dell’infezione da Covid-19. Nonostante gli allarmi lanciati all’epoca, nessuno ha provveduto a programmare una immunizzazione di massa e neanche a salvaguardare il personale di sorveglianza che, in contatto con l’esterno diventa una mina vagante per tutto il resto della popolazione. Secondo il Garante, neanche gli altri istituti di pena del Lazio sarebbero immuni dal pericolo di focolai e dal 29 marzo i casi sarebbero cresciuti in modo esponenziale. Per questo, se da un lato Stefano Anastasìa “saluta con favore” gli annunci di D’Amato, dall’altro ribadisce le innumerevoli sollecitazioni rivolte alle istituzioni da inizio pandemia “sulla necessità di anticipare le vaccinazioni nei penitenziari” a cui, a suo avviso, si sarebbe dovuto provvedere subito dopo aver concluso quelle nelle Rsa.      

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