Non si spengono le polemiche sui finanziamenti del governo alla sanità e il paradosso è che non è semplice appoggiare una o l’altra delle tesi contrapposte: da una parte le opposizioni che gridano al definanziamento, dall’altra la maggioranza che sostiene che mai come ora il settore è stato potenziato con copiose risorse. Una risposta illuminante è arrivata da una fonte non tacciabile di partigianeria e, soprattutto da un professionista di elevata competenza in materia. Si tratta di Domenico Mantoan, manager e medico vicentino, da tempo  direttore generale dell’Agenas, l’organo tecnico-scientifico pubblico che supporta le politiche in materia di servizi sanitari regionali. Nel corso dell’evento pubblico “Health for all Policies. Verso una nuova visione strategica del sistema sanitario per la crescita del Paese”, organizzato da Meridiano Sanità – centro studi e pensatoio del Forum economico Ambrosetti – nato nel 2005 per proporre il miglioramento del servizio sanitario, il direttore ha dichiarato: “Nel 2026 avremo 140 miliardi destinati alla sanità: è una cifra mai raggiunta prima. Il problema è usarli bene questi soldi. Sono 140 miliardi di un Paese che ha 3mila miliardi di debito pubblico e usa il 16 per cento del Pil per pagare le pensioni, quando la Germania e la Francia destinano il 10% del Pil. Questa è la differenzaQuesto è il massimo che possiamo fare e dobbiamo usarlo bene. Oppure facciamo una bella legge, mandiamo tutti in pensione a 70 anni con il sistema contributivo e avremo probabilmente 40 miliardi in più per la sanità. In tal senso, se è vero che l’Italia spende nella sanità meno di altri grandi Paesi europei nel complesso del welfare, che oltre alle pensioni include un sistema assistenziale estremamente dispendioso, noi siamo in vetta a tutte le classifiche mondiali.  Il tentativo di contenere la voragine previdenziale, che nel 2023 ha registrato un incremento del 7,7%, è assolutamente incompatibile coi nostri tassi di crescita”. Una affermazione che abbiamo riportato per intero, per amore di verità e, soprattutto, per porre un quesito ai nostri decisori politici, da anni incalzati da una pressante richiesta ovvero, separare l’assistenza dalla previdenza. Domanda a cui, inspiegabilmente, nessuno risponde.

 

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