Forlanini: altro che salute, il futuro è con gli industriali
Altro che presidio sociosanitario. Perfino le proposte avanzate dalla Cgil e timidamente condivise da funzionari della presidenza regionale (senza alcun ruolo ufficiale, ndr) per la sede di una Rsa e di una casa della salute dentro il Forlanini sembrano risultare più deboli, alla luce delle notizie acquisite da fonti affidabili della Regione Lazio. In realtà, se da una parte sembrava aprirsi un timido spiraglio per accogliere le richieste di una cittadinanza priva di servizi sociali e sanitari – la sede della Asl territoriale è in un presidio concesso a titolo oneroso – con una età media sempre e per fortuna in crescita e bisognosa di cure, presa in carico e accoglienza, dall’altra le informazioni acquisite sono raggelanti per i cittadini. Una collettività in lotta da anni, che si è espressa in varie forme, con mobilitazioni, manifestazioni, proteste, proposte, raccolte di firme on-line e l’ultima ne conta almeno 120mila. La Regione Lazio però sembra preferire la partnership con i gruppi che contano: Unindustria, Università, imprese. Va in tal senso la proposta avanzata dal presidente della Regione Lazio Nicola Zingaretti al premier Mario Draghi, nell’ambito dei programmi relativi al Piano di resilienza e ripresa, con cui l’ex segretario del Pd indica l’ospedale Forlanini quale futura sede per l’ipotetico “Tecnopolo” romano che sarebbe il terzo, dopo quelli di Castel Romano e della Tiburtina. Progetti faraonici: un investimento iniziale di 560 milioni fino al 2026, con risorse frazionate negli anni, 20 imprese già pronte a sviluppare piani di formazione e ricerca che dovrebbero utilizzare, entro breve, i laboratori dismessi e malridotti dell’ex sanatorio, perché i fondi del Recovery non attendono e i pretendenti partecipanti ai bandi non sono pochi. L’idea ha visto già l’avallo dei tre atenei romani e inizialmente saranno investiti 100 milioni per la riqualificazione della struttura, per il cui restyling totale la Regione ha sempre sostenuto che ne necessitino almeno 300. L’idea guida parte dalla confederazione degli industriali di Roma e a questa è stato trovato anche il nome, con l’immancabile ricorso all’inglese: Rome Technopole, così da integrare l’offerta formativa nei campi delle varie transizioni: energetica, digitale, agro-bio-farmaceutica e sanitaria. Anche questi termini molto in voga, da riempire però di significato. Naturalmente in tempi brevi perché, secondo gli intendimenti, il progetto una volta approvato dovrebbe prendere vita entro il 2022 con corsi di laurea attivati all’inizio dell’anno successivo. Un impegno di non poco conto, considerate le condizioni strutturali dell’edificio, da sempre evidenziate dai vertici regionali come molto problematiche, almeno per quanto riguarda la realizzazione dei servizi sempre richiesti dai cittadini. Istanze che ora potrebbero realmente costituire un problema residuale per una regione lanciata verso mete ben più allettanti. Obiettivi non certo “dalla parte delle persone”, come recita uno slogan caro al partito del presidente Zingaretti, almeno non certo dalla parte delle persone comuni.