Forlanini e San Giacomo chiusi ma è sempre deficit
“Centri congressuali e centri commerciali, sedi concorsuali e sedi sindacali, nonché aeroportuali, perfino set cinematografici ma non gli ex ospedali. Nella apprezzabile foga vaccinale messa a punto dalla Regione Lazio, sono inclusi numerosi siti che a volte, oltre a non presentare caratteristiche idonee, sono prestati ‘a termine’, si veda l’esempio della Nuvola dell’Eur che fra poco potrebbe essere dismessa per far posto ai lavori del G20 previsti per ottobre”. Inizia così un comunicato del presidente di AssoTutela, gruppo che da anni si batte per la difesa dei diritti dei cittadini. Nella nota Michel Maritato accenna in particolare al centro di somministrazione inaugurato il 24 aprile a Valmontone, nei locali di un Outlet, galleria commerciale i cui amministratori hanno siglato un accordo con la Regione Lazio, per creare all’interno un punto inoculazioni sulla scia di quanto realizzato a Denver, la capitale del Colorado negli Usa. Si tratta di un drive-in, simile a quanto messo in atto per organizzare i punti di prelievo per i tamponi, uno dei quali è proprio nei maestosi giardini dell’ospedale Forlanini, chiuso dal presidente Nicola Zingaretti il 30 giugno 2015 e rimasto inutilizzato. In molti si chiedono il motivo per cui si investe su sedi tanto disparate e forse non adeguate, quando ci sarebbe a disposizione uno stabile con un immenso parco, che attende soltanto di essere utilizzato per nobili scopi. A tal fine, è sempre il presidente di AssoTutela a insinuare qualche perplessità sull’azione amministrativa regionale, chiedendosi come mai l’assessore alla Sanità Alessio D’Amato, “oltre a trincerarsi dietro un categorico rifiuto sulla riapertura dell’ex sanatorio non ne chiarisca le motivazioni”. E conclude con dubbi sempre più sferzanti, facendo riferimento allo studio di fattibilità commissionato dalla Regione alla Società partecipata LazioCrea, per cui sono stati investiti 75mila euro, per valutare la congruità dell’edificio a ospitare l’Agenzia per la ricerca biomedica europea, che ancora non esiste. “Lo studio è presto fatto – attacca ancora Maritato – se l’agenzia ‘in itinere’ è sul modello di quella esistente negli Usa, con 150 dipendenti, non c’è bisogno di alcun affidamento, tantomeno di buttare al vento risorse pubbliche da impiegare con maggior criterio”. In queste ore in molti si stanno chiedendo se corrisponda alla realtà il “verosimile” risparmio annuo dovuto all’accorpamento dei servizi del Forlanini presso l’attiguo San Camillo, pari a 21milioni 193mila euro e rotti, indicato dalla deliberazione 2145 del 27 ottobre 2006 “”Piano strategico aziendale. Ricognizione patrimonio immobiliare e provvedimenti in merito alla riorganizzazione, valorizzazione, ristrutturazione e riqualificazione del complesso edilizio Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini”, con cui l’allora direttore generale Luigi Macchitella dismetteva, di fatto, lo storico complesso di Monteverde. Con un veloce calcolo per difetto, ipotizzando risparmi dal 2007 al 2020 pari a 296milioni 702mila, sottraendo dalla considerevole cifra i 185milioni dei costi relativi al citato piano strategico, l’amministrazione dovrebbe avvalersi della non modica cifra di 111milioni 702mila euro. Non abbiamo la presunzione di essere esperti di bilanci ma vorremmo capire come mai, dal recente rapporto dell’Agenas – agenzia nazionale dei servizi sanitari regionali – che ha analizzato i bilanci di Asl e ospedali del 2019, emerga un grave passivo della Regione Lazio. La sanità guidata dalla coppia Zingaretti-D’Amato è uscita ufficialmente dal commissariamento a luglio 2020, ma otto delle sue più grandi aziende ospedaliere, policlinici universitari e Irccs, istituti a carattere scientifico, presentano gravi deficit finanziari. Al San Camillo Forlanini (perché ancora si fa uso dell’antico nome, ndr), per la precisione, risultano 113 milioni 719mila 320 euro di disavanzo. Un enigma da chiarire, se è vero che Forlanini e San Giacomo chiusi, insieme ad altri 14 nosocomi, hanno fatto “verosimilmente” risparmiare.