Forlanini, la soluzione per la sanità territoriale
Ospedale Forlanini, realtà in dismissione fonte di mille polemiche. Dal 2006, anno in cui la giunta di centrosinistra della Regione Lazio ne decretò la chiusura, con la legge Finanziaria e il trasferimento di reparti e servizi presso l’attiguo San Camillo, proteste, petizioni, manifestazioni di utenti, operatori e cittadini si sono moltiplicate. Anche le proposte di riconversione non sono mancate: da sede del Consiglio regionale a caserma dei Carabinieri, poliambulatorio della Asl Roma D o addirittura ostello della gioventù. A tutt’oggi però nessuna certezza per l’ex sanatorio sorto negli anni Trenta e realizzato, all’epoca, secondo criteri all’avanguardia. Un progetto articolato, opera del professor Massimo Martelli, primario di Chirurgia Toracica nello stesso nosocomio e strenuo difensore della vocazione sanitaria della struttura, fu consegnato nel 2010 alla Regione Lazio. Partendo dalla carenza di residenze sanitarie assistenziali nel territorio (posti letto in lungodegenza per soggetti anziani e fragili, ndr) Martelli, allora commissario straordinario dell’azienda San Camillo Forlanini, propose la creazione di 320 posti letto nel nosocomio di Monteverde.
“Un investimento di 20 milioni – spiega il professore – che avrebbe avuto ricadute positive in termini di contenimento dei costi, considerata la bassa intensità del ricovero, che costa alle casse pubbliche sei volte meno rispetto a un letto per acuti. Il risparmio annuo sarebbe stato di 8 milioni di euro”. L’articolata proposta prevedeva inoltre l’affitto di due palazzine attualmente vuote, una all’Inail e l’altra alla stazione dei Carabinieri di via Giulia di Colloredo, da tempo sotto sfratto e in più il trasferimento degli ambulatori e servizi della confinante Asl Roma D, con un recupero annuale dei canoni di affitto, ora destinati ai privati, di oltre 2 milioni di euro. L’accordo non è stato mai raggiunto, causa differenza di vedute tra il proponente e il vertice regionale: una struttura a totale gestione pubblica per il primo, o l’intervento dei privati per la Pisana che, in tempi di deficit e piani di rientro, non intende proporre investimenti. A nessun risultato hanno portato i numerosi sopralluoghi con i vertici dell’Inail, dell’Arma, della Asl Roma D. “Sono venuti in tanti – commenta amareggiato Martelli – personaggi di spicco e fortemente motivati ma invano”.
“San Moscati, pensaci tu!”
Sono in pochi a saperlo, altrimenti ci sarebbe la fila di devoti tutti i giorni.
Nella chiesa del Forlanini sono custodite le spoglie di San Giuseppe Moscati, il medico dei poveri santificato da Papa Wojtyla nel 1987, che fece dell’aiuto ai più umili la sua ragione di vita. “Chi ha metta, chi non ha prenda”, il motto riportato su un cestino posto nel suo studio di Napoli, divenuto ancora di salvezza per tutti coloro che non potevano permettersi cure e assistenza. Nel 2000 alcuni lembi del camice del dottore dei diseredati arrivarono a don Pinuccio Radaeli, cappellano ospedaliero e furono venerati alla presenza di monsignor Brambilla, vescovo della Pastorale sanitaria, dopo aver fatto il giro degli ospedali romani.
Attualmente la preziosa reliquia è conservata in un armadio della sacrestia; numerosi sono gli “ex voto” e i ringraziamenti dei malati sull’altarino con la foto del santo. Si dice che, da quando la notizia è apparsa su uno storico quotidiano romano, circolino bigliettini di invocazione per la salvezza del Forlanini ormai abbandonato a un incerto destino.
“San Moscati pensaci tu”, sarebbe la richiesta ricorrente. Sicuramente leggenda metropolitana che rispecchia però il pensiero di tanta gente, a cominciare dai 45mila cittadini che hanno firmato perché l’ospedale resti bene comune.