Franco Basaglia, un’utopia ancora viva
A 100 anni dalla nascita, ci si interroga sulla sua discussa riforma psichiatrica
Ci lasciò il 29 agosto 1980 a, a soli 56 anni e la sua opera controcorrente, nel campo dell’assistenza ai pazienti con disturbo psichico, nel bene e nel male ha lasciato il segno. A 100 anni dalla sua nascita, l’11 marzo del 1924, rimangono ancora vivi il pensiero e l’opera di Franco Basaglia, psichiatra noto per la legge 180 del 1978, che porta il suo nome. Prima di allora, i malati con disturbi psichici erano considerati irrecuperabili, pericolosi socialmente e venivano allontanati dalla società, emarginati. Con la rivoluzionaria normativa – che colloca l’Italia prima Nazione al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici – arriva il “liberi tutti”, ovvero manicomi chiusi, per restituire dignità ai malati in essi reclusi. Un radicale cambiamento che ha avuto notevoli ripercussioni, non sempre positive, nella società. Veneziano, laureato a Padova, contrasta fin dall’inizio le idee di Cesare Lombroso e si avvicina all’esistenzialismo di Jean Paul Sartre. Si specializza nel 1953 in malattie nervose e mentali presso la facoltà della clinica neuropsichiatrica di Padova abbracciando da subito tendenze progressiste. Nel 1961 diventa direttore dell’ospedale psichiatrico di Gorizia e si allinea alle teorie di Sigmund Freud, sostenendo che il rapporto tra terapeuta e paziente deve basarsi sul dialogo e non sull’annientamento del soggetto debole. Dare dignità ai malati psichici, questo il suo credo, riconoscendoli come persone. Sebbene inizialmente fosse un personaggio scomodo, ben presto, nella società post rivoluzione studentesca ricca di fermenti innovatori, divenne leader carismatico nel suo campo, il cui insegnamento resta valido ai nostri giorni e le cui gesta hanno ispirato letteratura, cinema, arte. La legge 180, tra alti e bassi, è ancora in vigore e regola l’assistenza psichiatrica in Italia pur non essendo mai stata applicata in modo completo. Ospedali psichiatrici, spesso veri e propri lager, definitivamente chiusi, al loro posto il nulla. Nella sanità riformata dalla legge 833 del 1978, le casse desolatamente vuote di Asl e ospedali e la mancanza di volontà politica, non hanno consentito di provvedere alla cura, accoglienza, integrazione dei malati di mente. Così i soggetti affetti da disturbi della psiche, si sono trovati soli, il più delle volte seguiti con grande difficoltà e scarsi risultati dai dipartimenti di Salute mentale delle Asl. Chissà cosa ne penserebbe Franco Basaglia, se per un attimo potesse tornare in vita.