Nel 2023 l’Italia per spesa sanitaria pubblica pro-capite si colloca solo al sedicesimo posto tra i 27 Paesi europei dell’area Ocse e in ultima posizione tra quelli del G7. La spesa sanitaria pubblica si attesta al 6,2% del Pil, percentuale inferiore sia rispetto alla media Ocse del 6,9%, sia rispetto alla media europea del 6,8%. “La sanità è diventata una priorità assoluta – dichiara Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, società scientifica di medicina basata sulle evidenze – per i cittadini gravati da interminabili  tempi di attesa per visite ed esami, affollamento dei pronto soccorso, impossibilità di trovare un medico o un pediatra di famiglia vicino casa, inaccettabili diseguaglianze regionali e locali, migrazione sanitaria, aumento della spesa privata sino all’impoverimento delle famiglie e alla rinuncia alle cure”. Il presidente si sofferma sul tema del finanziamento pubblico della sanità, rilevando come istituzioni di punta – dalla Corte dei conti alla Corte costituzionale, passando per l’Ufficio parlamentare di Bilancio – denuncino il sottofinanziamento del Servizio sanitario nazionale, allineate a ben cinque Regioni e ai partiti di opposizione, che hanno presentato vari disegni di legge per aumentare il finanziamento pubblico e far sì che lo stesso arrivi almeno al 7% del Prodotto interno lordo, quale livello minimo su cui attestarsi. La Fondazione Gimbe, in vista della discussione sulla legge di Bilancio 2025, ha analizzato la spesa sanitaria pubblica 2023 nei paesi dell’Ocse, al fine di orientare il confronto politico e il dibattito pubblico sulla base di dati oggettivi. Il dato che colpisce è che sono 15 i paesi europei dell’area considerata, che investono una percentuale del Pil maggiore dell’Italia, con un divario che va dai +3,9 punti percentuali della Germania (10,1% del Pil) ai +0,6 della Norvegia (6,8% del Pil). Ciò si riverbera anche sulla spesa pro-capite, che in Italia nel 2023 è risultata pari a 3.574 dollari contro la media Ocse di 4.174. Dal 2010, per tagli e definanziamenti effettuati da tutti i governi che si sono succeduti, la distanza con i paesi europei è progressivamente aumentata sino a raggiungere  623 dollari nel 2019. Poi la forbice si è ulteriormente ampliata, sia negli anni della pandemia quando gli altri paesi hanno investito molto più dell’Italia, sia nel 2023 perché di fatto la nostra spesa sanitaria è rimasta stabile. “Il trend della spesa sanitaria pubblica pro-capite 2008/2023 – commenta Cartabellotta – restituisce un quadro impietoso: l’Italia è stata sempre ultima tra i paesi del G7 ma, se nel 2008 le differenze con gli altri paesi erano modeste, con il costante definanziamento degli ultimi 15 anni sono divenute ormai incolmabili”. Un confronto imbarazzante con gli altri Paesi per il presidente di Gimbe, specie in previsione del prossimo G7 Salute in programma ad Ancona dal 3 al 13 ottobre. Per questo, la Fondazione Gimbe chiede all’esecutivo “un consistente rilancio del finanziamento pubblico per la sanità, considerata la vera emergenza del Paese, insieme a coraggiose riforme di sistema per garantire a tutti la tutela della salute, diritto costituzionale fondamentale e inalienabile”. Ciò che da più parti si paventa, è la inarrestabile estinzione del servizio pubblico, finanziato dalla fiscalità generale e fondato su principi di universalità, uguaglianza ed equità. Con l’ulteriore timore di veder frammentato il Servizio sanitario in 21 diversi sistemi sanitari regionali, regolati da leggi del libero mercato, che garantiscono prestazioni solo a chi potrà pagare di tasca propria o fruire di polizze assicurative. (Agenpress) Nella foto: Nino Cartabellotta con Piero Angela

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