Ifo, il futuro è nella biopsia liquida
Progetto europeo di indagine con sperimentazione dal 2017 presso il Regina Elena di Roma
Ci vorrà qualche anno perché la biopsia liquida diventi routine diagnostica, ma la strada è tracciata e il merito è da attribuire all’omonimo gruppo di lavoro costituito presso l’Istituto nazionale dei tumori “Regina Elena”, nel cui laboratorio partiranno, dal 2017 i primi test clinici. Lo studio nasce dall’utilizzo di un biosensore nano-fotonico capace di sfruttare la luce per rilevare infinitesimali quantità di marcatori tumorali. L’idea progettuale, ritenuta migliore fra oltre 450 proposte pervenute all’Unione Europea, si avvale di un finanziamento legato al programma “Horizon 2020”, costituito da un consorzio continentale che riunisce tredici centri di eccellenza mondiale nel campo della ricerca. L’appuntamento per il prossimo anno quindi, vedrà lo sviluppo di un prototipo industriale di laboratorio che sarà testato all’Istituto romano di Mostacciano. La luce, elemento centrale della sperimentazione, consentirà di individuare in particolare, in pazienti con carcinoma colorettale, geni mutati e altre alterazioni favorendo la diagnosi tempestiva ed evitando particolari stress ai soggetti colpiti dalla patologia. Con un semplice prelievo di sangue, senza bisogno di ricorrere alla biopsia tissutale, sarà possibile avere informazioni sulla presenza o meno della malattia. Da qui il nome di biopsia liquida che, attraverso un biosensore chiamato “Ultraplacad” – rivelazione ultrasensibile dei tumori con metodi plasmonici, dall’acronimo inglese – fornirà in tempo reale indicazioni sull’estensione e la diffusione del tumore, su opzioni terapeutiche ottimali, sulla risposta della malattia alle terapie. Soddisfatto il commissario dell’Istituto Marta Branca che ha ringraziato per l’impegno i professionisti coinvolti.