Il federalismo fiscale lo pagano i cittadini
Disavanzi sanitari e inasprimento fiscale
Nelle regioni (Abruzzo, Campania, Calabria, Lazio, Molise, Piemonte, Puglia, Sardegna e Sicilia) con elevati disavanzi sanitari e che hanno sottoscritto con il governo i ”Piani di rientro”, l’inasprimento fiscale è la leva maggiormente utilizzata per ricondurre la spesa entro livelli sostenibili. L’addizionale regionale IRPEF per i lavoratori dipendenti e pensionati e l’aliquota l’IRAP per le imprese sono state elevate ai massimi livelli consentiti dalla legge.
E’ la conseguenza del nuovo meccanismo del “chi rompe paga”, non c’è più l’intervento dello stato centrale a ripianare, con interventi successivi, i disavanzi sanitari delle singole regioni.
Ad esempio nel Lazio è dal 2007 che il disavanzo annuo della spesa sanitaria (la differenza tra le entrate e la spesa reale) di circa 1.400 milioni di euro tab. 1 pari al 14% delle entrate viene, per la maggior parte, pagato dai cittadini e dalle imprese.
La pressione fiscale, nel triennio 2007-2009, è infatti aumentata dello 0,5 per l’IRPEF passando cosi dallo 0,9 all’1,4 e dello 0,62 per l’IRAP anch’essa salita dal 4,2 al 4,82.
Al termine poi di vigenza del Piano di rientro non essendo stati raggiunti gli obiettivi previsti la regione Lazio, così come previsto dal Patto per la salute, è stata commissariata e a partire dall’anno d’imposta 2010 vi è stato un ulteriore inasprimento della leva fiscale. L’addizionale regionale IRPEF è aumentata di un +0,30 e l’aliquota IRAP di un +0,15. Oggi quindi i lavoratori e pensionati del Lazio pagano un addizionale regionale IRPEF dell’1,7 (+0,9 rispetto a quella nazionale) e le imprese un’aliquota IRAP di 4,97 (+0,77 rispetto a quella nazionale). Dal 2007 al 2010 l’addizionale regionale IRPEF nel Lazio è pressoché raddoppiata.
Pertanto con la leva fiscale si copre circa il 57% del disavanzo economico sanitario prodotto nel Lazio mentre il restante 43% è coperto per il 18 % dal fondo di accompagnamento dello stato (cessato dal 2010) e per il 25% con fondi propri dalla regione.
Aumento delle spese e diminuzione dei servizi
Aumentano quindi le spese (ticket, tasse) sostenute dai cittadini per l’accesso al servizio sanitario regionale a fronte di una generale diminuzione della qualità e quantità dei servizi. Le liste di attesa per visite e prestazioni diagnostiche non diminuiscono, aumentano invece le ore, a volte addirittura anche giorni di attesa nei corridoi dei pronti soccorsi. E’ la diretta conseguenza di alcune delle azioni messe in atto dalla regione come la chiusura di alcuni ospedali, il blocco del turn over (per la sola sanità pubblica), al solo fine di ridurre strutturalmente il disavanzo, ma senza una adeguata e contestuale implementazione dei servizi territoriali.
La gestione commissariale toglie alla regione l’autonomia nell’attività di programmazione e organizzazione della sanità sul territorio. Agisce in funzione dei dettati governativi dove prevale il criterio meramente ragionieristico dei conti rispetto a quello dei bisogni di salute delle persone.
Se è questo il federalismo che avrebbe dovuto migliorare la spesa pubblica, e la qualità dei servizi, ebbene nel Lazio possiamo dire che non sta avvenendo né l’uno e né l’altro. I cittadini subiscono passivamente le non scelte di amministratori “incapaci” di affrontare e mettere le mani ai veri problemi strutturali della sanità del Lazio come l’eccesso di offerta, la spesa dei 5 policlinici universitari per ricerca e formazione impropriamente a carico del SSR, la mancanza di una adeguata rete di servizi territoriali, ecc. Non vi è alcun meccanismo sanzionatorio che responsabilizzi chi gestisce la spesa pubblica soprattutto quando, Regione e Comuni, fanno ricorso all’aumento delle tasse per far fronte al continuo incremento della stessa.
Ma il federalismo fiscale non doveva essere la via per togliere le tasse e per sottoporre sindaci e governatori al controllo diretto e ravvicinato dei cittadini? Siamo invece in presenza di un federalismo fiscale, almeno in sanità, con nuove tasse e a pagare sono solo e soltanto i soliti noti: lavoratori dipendenti e pensionati.
Giorgio Cerquetani
Responsabile Dipartimento
Politiche della Salute
CGIL Roma e Lazio