Il soccorso non è pronto: è differito
Un rapporto di servizio del 118 che illustra data e ora di arrivo, ci illumina sulla situazione
Roma, pronto soccorso dei principali ospedali della Capitale. Il 19 dicembre è una giornata come tante altre ovvero di ordinaria, inconcepibile, estenuante e forse colpevole attesa per le centinaia di barelle che arrivano con le vetture del servizio di emergenza Ares 118. E se osservare con i propri occhi le lettighe accatastate in quello che con inflazionata espressione viene definito un inferno dantesco, tra lamenti, confusione, orrori e odori irripetibili è devastante, altrettanto sconvolgente è trovarsi di fronte agli sconcertanti numeri del disastro, scovati fortunosamente su una tabella di servizio. Il report dell’Ares, con tanto di intestazione e croce rosso-blu, immagine coordinata dello sfascio regionale, ci mostra come, in attesa da più di trenta minuti delle doverose cure dei sanitari dell’Umberto I, del San Giovanni Addolorata, del Pertini, del Sant’Andrea, del San Carlo di Nancy, del Policlinico Casilino, del Nuovo Ospedale dei Castelli, del Santo Spirito, del Policlinico Tor Vergata, ci siano soltanto codici rossi e gialli: massima urgenza indifferibile il primo e urgenza da trattare con solerzia il secondo. Due soli codici verdi li troviamo al Fatebenefratelli Isola Tiberina e all’Umberto I, su 30 disperati pazienti che non sapranno quale sarà la loro destinazione da qui a due, tre, quattro e forse più ore. Al Casilino, un codice giallo attende da ieri, 18 dicembre ora di arrivo 17:39, di essere preso in considerazione. Un rosso dalla mezzanotte, sempre del 18. Stessa situazione al Pertini dove due pazienti gravissimi (codice rosso), sono in attesa dalle 18:56 di ieri e da cinque minuti dopo la mezzanotte del 19. Un altro rosso all’Umberto I attende da due minuti dopo la mezzanotte mentre altri due sono arrivati tra le 8 e le 9 e alle 11 si trovano ancora in lettiga. Una situazione allarmante ma, purtroppo non nuova e ora aggravata dalla diaspora dei 200 posti letto trasferiti in vari nosocomi, dall’ospedale di Tivoli incendiato e dai malanni stagionali. La Regione Lazio annaspa, cercando di reperire posti letto dalle strutture accreditate – tra le feroci critiche dell’opposizione e accuse di cedere al privato – mentre i cittadini debbono solo sperare di non ammalarsi gravemente o essere vittima di incidente, come la donna investita ieri e soccorsa dopo due ore. La situazione dei pronti soccorsi a dicembre è nota da decenni ma, il feroce taglio lineare dei posti letto nel Lazio – 3.600 con 16 ospedali chiusi – è una ferita che per rimarginarsi richiederà tempo, denaro ed energie mentre, al momento sulla pelle dei cittadini si ripercuotono errori che mettono in gioco la vita.