Ė partito tutto da una inspiegabile ordinanza, è diventato un caso nazionale, con una significativa mobilitazione durata oltre due mesi per salvare 140 animali e alla fine la ragione ha vinto. Il tribunale amministrativo regionale (Tar) del Lazio, con sentenza del 10 ottobre 2022 ha accolto il ricorso presentato da responsabili e volontari della “Sfattoria degli Ultimi”, il rifugio per animali a nord di Roma che ospita e accudisce maiali e cinghiali salvati da condizioni di disagio e maltrattamenti, contro un ordine di abbattimento emesso ad agosto dall’azienda sanitaria locale Roma 1. Tutto nasce dalla peste suina per la cui prevenzione, la Regione Lazio ha emanato rigide disposizioni volte all’abbattimento di capi presenti nella cosiddetta zona rossa, individuata in un ampio territorio di Roma Nord, in larga parte ricadente nel parco dell’Insugherata, dove ha sede il ricovero animalista. La burocrazia a volte è cieca e, nell’enfasi emergenziale, non guarda ai singoli casi. Così, delle drastiche norme volte alla mattanza degli animali colpiti – e non – dal morbo avrebbero potuto far le spese maiali sanissimi, controllati e sotto sorveglianza veterinaria continua, se una sentenza lungimirante dei giudici amministrativi non avesse bloccato l’inspiegabile disposizione. I giudici hanno motivato la decisione in cinquanta pagine, sostenendo che “Non compete alla Asl Roma 1 l’abbattimento e che la stessa azienda avrebbe dovuto prendere in considerazione la possibilità di una deroga, considerato che l’esperienza della ‘Sfattoria’, consistente nel rifugio di animali in difficoltà riveste un alto valore culturale”. Accoglienza, cura e tutela di animali sani e vaccinati l’hanno avuta vinta su rigide disposizioni burocratiche. Ora alla Asl diretta da Angelo Tanese – in fase di dimissioni per approdare al Dis (Dipartimento informazioni per la sicurezza) – resta soltanto il ruolo che le compete, ovvero quello di assicurare la vigilanza e la prevenzione affinché non si verifichino focolai epidemici. Esultano le associazioni ambientaliste e animaliste, i cui avvocati l’hanno spuntata, considerato che la Asl nell’emanare le sue disposizioni aveva ignorato un regolamento europeo – il 687 del 2020 – che ammette deroghe a determinate misure di controllo delle malattie e all’obbligo di abbattimento nei casi in cui si tratti di “animali di elevato valore genetico, culturale o educativo”. Proprio il caso della “Sfattoria” e ora all’azienda, alla Regione Lazio e al ministero della Salute, non resta che l’appello avverso alla sentenza entro i 60 giorni previsti. Se riterranno di avere valide motivazioni.

 

 

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