Immigrati e salute: la vera integrazione
La salute dei nuovi cittadini: immigrati e uso dei farmaci ai raggi X. L’appartenenza a una diversa etnia non influenza l’uso delle specialità medicinali. Una volta individuato il problema l’immigrato si cura e usa i prodotti farmaceutici né più né meno come gli italiani. Ė la conclusione evidenziata dal “Rapporto sull’uso dei farmaci in Italia nel 2011”, volume che sarà presentato il prossimo 4 marzo nel corso del convegno “Prescrizione farmaceutica nella popolazione immigrata”, organizzato presso l’Istituto superiore di sanità e promosso dal gruppo di lavoro nato dalla collaborazione tra lo stesso Istituto e varie società scientifiche, tra cui quelle di Farmacia ospedaliera, Medicina delle migrazioni e l’Istituto di farmacologia Mario Negri di Milano. Le analisi sono state effettuate su un campione molto ampio: 700 mila cittadini stranieri e un campione equivalente di italiani, età media 35 anni, da cui sono scaturite alcune interessanti informazioni. Il 52% della popolazione immigrata ha ricevuto almeno una prescrizione nel corso dell’anno, contro il 59% degli italiani. Il livello di accesso all’uso dei farmaci si dimostra buono e il livello di spesa è piuttosto contenuto. Nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni le donne straniere consumano più degli uomini mentre nei figli di immigrati la prevalenza d’uso è del 54%. Altri interessanti dati, che illustriamo in tabella, hanno rivelato che, una volta identificato il problema da parte dei medici di base o gli specialisti, le modalità di prescrizione non risultano influenzate dalla cittadinanza. La ricerca, che ha l’intento di favorire più oculate politiche sanitarie da parte di enti statali e territoriali, rientra nel più ampio progetto denominato “Osservatorio sul consumo farmaceutico della popolazione immigrata” promosso dal gruppo di lavoro menzionato che ha inoltre costituito una banca dati in cui sono contenute informazioni relative a 32 Asl distribuite sul territorio nazionale. Un dato interessante riguarda la variabilità delle prescrizioni tra una Asl e l’altra, indipendentemente dalla nazionalità, segno questo che i problemi sono riferiti all’appropriatezza prescrittiva. Altro elemento di variabilità è il livello di utilizzo dei farmaci di una etnia rispetto all’altra. I cinesi, ad esempio, usano poco le specialità e mostrano difficoltà di accesso ai servizi, forse a causa delle difficoltà linguistiche o per il massiccio ricorso alla medicina naturale. Gli appartenenti al ceppo del sud-est asiatico sono invece più inclini all’uso di antidiabetici e ciò corrisponde ai dati epidemiologici che evidenziano una più frequente insorgenza della patologia in questo gruppo.