“L’aspettativa di vita nell’Unione Europea nel 2023 è arrivata a 81,4 anni, un dato certamente confortante, ma in Italia la carenza di infermieri continua a crescere drammaticamente. Attualmente mancano all’appello 175.000 infermieri rispetto agli standard europei. Ogni anno, circa 6.000 infermieri lasciano l’Italia per cercare migliori condizioni lavorative all’estero, con una piaga, quella della fuga, che peggiora giorno dopo giorno”. I dati sono forniti dal sindacato degli infermieri Nursing Up, che periodicamente lancia l’allarme sulla carenza di professionisti e sui problemi che affliggono la categoria. “Nel primi 9 mesi del 2024, ben 20.000 infermieri hanno presentato dimissioni volontarie. Inoltre, dal 2010 al 2024, il calo degli iscritti ai test di ammissione è stato superiore al 50%”, scrivono dal Nursing in un comunicato, spingendosi a una verifica di quanto accade a livello europeo, costituendo ormai l’Unione un valido punto di riferimento e un elemento di raffronto. Nella Ue mancano 1,6 milioni di infermieri, con previsioni che indicano un vuoto di 2,3 milioni entro il 2030, evidenziano sempre i dati del sindacato. In Italia la situazione è particolarmente critica, con un numero di professionisti insufficiente a coprire i bisogni di una popolazione sempre più anziana e con patologie croniche e, paradossalmente, invece di correre ai ripari con soluzioni adeguate, si procede con l’assunzione di professionisti extracomunitari senza requisiti minimi di formazione, con difficoltà linguistiche e poca conoscenza del sistema sanitario. Inoltre, secondo i rappresentanti di Nursing Up, “il ricorso agli assistenti infermieri – figura di recente istituzione molto contestata dalla categoria – rappresenta un rischio per la qualità dell’assistenza. I paesi europei a noi vicini stanno aumentando gli stipendi per attirare infermieri qualificati da altre nazioni – insistono i sindacalisti – con i nostri professionisti che sono i più ambiti, mentre l’Italia è tra le realtà nazionali che, in termini di retribuzione, mantiene i livelli più bassi contribuendo alla loro fuga oltre confine”.  Altro sguardo impietoso è rivolto alla sanità territoriale, che secondo analisi provenienti da varie realtà di settore, si troverebbe è in difficoltà, con solo il 3% delle case di comunità operative e il 22% degli ospedali di comunità con servizi attivi. In sintesi, questi presidi territoriali previsti dal decreto 77 del 2022, nei quali il ministero della Salute confidava per sgravare gli ospedali dal sovraffollamento, non rappresentano ancora la soluzione auspicata alla crisi della sanità.  “Con la scadenza del 2026 per il completamento di queste strutture, c’è il rischio di uno spreco di risorse pubbliche, se non si interviene subito”, precisano da Nursing Up, sottolineando che, “senza cambiamenti radicali nelle politiche sanitarie e una valorizzazione del personale infermieristico, l’Italia rischia una crisi sanitaria senza precedenti”. E il filo conduttore è sempre lo stesso: aumentare gli stipendi, migliorare le condizioni di lavoro e garantire opportunità di carriera. Condizioni fondamentali per fermare la fuga di professionisti e garantire la qualità dell’assistenza sanitaria. E ancora una volta c’è da augurarsi che le istituzioni non rimangano sorde a tali istanze. (Nella foto: una manifestazione contro le violenze agli infermieri)

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