Infermieri: nuove lauree, riforma tra luci e ombre
Ceccarelli, Coina: “Più che istituire nuove specializzazioni, occorre valorizzare l’esistente”
Ancora novità per la professione infermieristica: tre corsi di laurea magistrale vanno a completare il panorama di una figura determinante per il Servizio sanitario nazionale. Si tratta della istituzione delle discipline di cure primarie e sanità pubblica, cure pediatriche e neonatali, cure intensive ed emergenze. Tre settori di intervento – il territorio, l’assistenza ai bambini, l’emergenza/urgenza – che necessitano di un sicuro rilancio ma la soluzione proposta incontra una buona dose di scetticismo da parte del Coina, sindacato delle professioni sanitarie. “Parlare di nuove lauree magistrali mentre la professione infermieristica di base è in agonia rischia di essere una mossa fuori tempo e controproducente”, scrive il segretario nazionale Marco Ceccarelli in un duro comunicato, diretto al ministro della Salute Orazio Schillaci e ai vertici della Fnopi, Federazione delle professioni infermieristiche, in cui si denuncia la condizione di precarietà e scarsa considerazione di cui godono i professionisti della salute. L’Italia, si colloca tra i Paesi europei con il più basso numero di laureati in infermieristica. Nel 2022 si sono laureati soltanto 16,4 infermieri per 100 mila abitanti rispetto ai 37,5 della Unione europea, dove questa figura trova migliore organizzazione e retribuzioni elevate. Per questo il segretario contesta l’istituzione di nuove figure altamente specializzate senza preparare il terreno per il loro inserimento. “Un’élite superspecializzata da un lato – commenta ancora Ceccarelli – e un esercito di infermieri lasciati soli ad affrontare il peso dell’assistenza quotidiana dall’altro, abbassando il livello della qualità delle cure, specie se si pensa alla introduzione di figure surrogate come l’assistente infermiere, ultima riforma in ordine di tempo, o al reclutamento di infermieri stranieri con una formazione accelerata e corsi di italiano di poche settimane”. Il timore di assistere a un sistema “dove l’eccellenza si trova in vetta, ma la base rischia di sgretolarsi – attacca ancora il segretario – è forte, per questo occorre valorizzare gli infermieri, riconoscerne il ruolo e offrire loro percorsi di carriera chiari e sostenibili”. E porta come esempio la mancata applicazione di una legge, la numero 43 del 2006, che avrebbe dovuto rivoluzionare il riconoscimento delle competenze specialistiche attraverso i master ma non ha fatto altro che provocare un’accumulazione di titoli iper specialistici non valorizzati né considerati sul piano professionale ed economico. “Fnopi e Ministero devono rispondere – incalza il segretario – serve un piano di valorizzazione immediato, non solo per il futuro ma anche per il passato”. La soluzione è racchiusa in un piano strategico che garantisca il riconoscimento contrattuale e professionale degli infermieri “di base”, secondo il sindacalista, che invoca inoltre “investimenti concreti per migliorare le condizioni di lavoro e arginare la fuga di professionisti all’estero”. Alla base di tutto serve, per Ceccarelli, un dialogo aperto con le rappresentanze sindacali e professionali di cui, a tutt’oggi, non c’è traccia.