La guerra del primo soccorso
Doccia fredda per le croci private. Le società del soccorso in emergenza, che per molto tempo hanno fornito una ausilio al 118 grazie a una convenzione, sono tagliate fuori da una recente sentenza del Tribunale amministrativo regionale a cui si erano rivolte per annullare il decreto del commissario ad acta per la sanità n. 70 del 28 maggio 2012. Il provvedimento denominato pomposamente “Ratifica del protocollo d’intesa sottoscritto il 29 marzo 2012 e autorizzazione alla stipula di convenzione tra Ares 118 e Croce rossa italiana per l’acquisizione dei servizi per l’integrazione del sistema di emergenza sanitaria” veniva a sanare mesi di incertezze, polemiche, accordi quasi segreti e dubbi sul futuro del servizio pubblico di emergenza sanitaria Ares 118. I fatti: a fine marzo si diffuse la notizia che l’attività fino allora assicurata dalle ambulanze di sei croci private, in ausilio di quelle pubbliche dell’Ares 118, sarebbe stata interrotta ad agosto 2012 grazie a un provvedimento siglato, senza concertazione con i sindacati, tra la presidente Renata Polverini, il commissario straordinario della Croce rossa Francesco Rocca e la direzione della stessa azienda regionale di emergenza 118. L’accordo intercorso era per un affidamento diretto, senza gara europea come previsto per legge in questi casi in quanto i contraenti sono soggetti di diritto pubblico (Ares 118 e Croce rossa), affermazione vera fino a pochi giorni fa, perché la Cri è stata privatizzata con decreto governativo e quindi, in questo caso, le regole del gioco sarebbero state modificate a partita in corso. Immediata la reazione dei privati a cui, per garantire correttamente i servizi, sono state imposte rigide prescrizioni per l’adeguamento di vetture e personale e che per questo hanno investito molte risorse, sforzo ora reso vano dalla rescissione del contratto con l’Ares 118. Il Tribunale amministrativo non ha accolto le contestazioni delle società che criticano, in tempi di spending review, il maggior onere finanziario che l’azienda pubblica si sarebbe accollata siglando un’intesa per sei anni a 20 milioni di euro l’anno, cinque di più del precedente accordo, in contrasto con le norme che privilegiano in caso di appalto l’offerta migliore. Lo stesso ministero della Salute ha chiesto chiarimenti in merito alla Regione Lazio e le società estromesse denunciano la mancanza delle autorizzazioni prescritte per le ambulanze Cri in base alla legge 49/1989