L’Annus Horribilis della sanità

Non godeva di buona salute e lo si sapeva da decenni. Il sistema sanitario regionale, insidiato da un deficit incolmabile, gravato da una atavica inefficienza, ferito da sprechi e corruzione, dal 2011 ai nostri giorni ha assistito a un inevitabile tracollo. Piani di rientro prima, provvedimenti del precedente esecutivo ispirati dal ministro dell’economia Tremonti con tagli insostenibili, i decreti del governo tecnico e, infine, la spending review che ne ha decretato il definitivo fallimento. L’autunno caldo del servizio sanitario regionale sta ancora producendo i suoi effetti: mobilitazione permanente in molte strutture sanitarie romane e altre in provincia mentre il cosiddetto decreto Bondi, che prevedeva la chiusura o ridimensionamento di sei importanti poli ospedalieri della capitale, è congelato in attesa che si determinino i nuovi assetti regionali dopo le elezioni di febbraio. Ma il mondo sanitario è comunque in fibrillazione.

Il decreto di proroga di soli sei mesi, per 3.500 precari non placa gli animi né rassicura le direzioni ospedaliere che solo grazie all’apporto di tali figure professionali tengono aperti interi reparti. Della chiusura o ridimensionamento di importanti nosocomi sono in molti a non volerne sapere, operatori e cittadini in testa. Le amare vicende della Regione Lazio hanno dato un accelerazione consistente a ciò che si preparava da tempo, ripercorriamo le tappe principali: 27 settembre 2012, la presidente Renata Polverini, in seguito allo scandalo Fiorito rassegna le dimissioni.

Il 16 ottobre Enrico Bondi viene nominato commissario alla Sanità del Lazio. Il 22 novembre, il manager noto come risanatore di imprese in crisi, emana il primo decreto con drastici provvedimenti di revisione della spesa. Taglio del budget dei privati accreditati e classificati del 6,85% e dello 0,4% per i laboratori analisi e quasi 70 milioni sui ricoveri per acuti. È l’applicazione della legge 135 che ha convertito il decreto “Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini”. Immediatamente alcuni dipendenti dell’IDI – Istituto dermopatico dell’Immacolata con 600 milioni di debiti e una storia di malversazioni – salgono sul tetto della struttura reclamando la retribuzione che non ricevono da quattro mesi.

Il 13 dicembre i dipendenti delle cliniche San Raffaele del gruppo Angelucci, assaltano in corteo la prefettura di Roma, causa l’annuncio della chiusura di 13 strutture da parte della proprietà che reclama dalla Regione Lazio un credito di 260 milioni. Si prevede il taglio di 1963 posti letto per acuti, poi ridotti a 900 mentre si tenta di attivare 2.500 posti di lungodegenza entro il 2013 per arrivare ai 6000 nel 2015, anno in cui dovrebbe essere raggiunto il pareggio di bilancio. La mobilitazione non si fa attendere. La scintilla scoppia al San Filippo Neri, CTO, Eastman, Oftalmico, Forlanini; si organizza una fiaccolata il 20 dicembre sotto il ministero dell’Economia ma tutta la sanità è in fermento, nell’attesa che si insedi il nuovo governo regionale.

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