“Basta tagli alla sanità”. Ė questa la parola d’ordine con cui Alessio D’Amato, attuale assessore del disastrato servizio sanitario regionale, apre la campagna elettorale per le regionali del 12 e 13 febbraio, in cui si candida alla presidenza del Lazio. La frase era impressa sullo sfondo del palco centrale, allestito il 17 dicembre in piazza Santi Apostoli a Roma, un piccolo slargo vicino piazza Venezia in cui sono confluiti alcuni sostenitori dell’agguerrito assessore, che in una manifestazione ha pronunciato un discorso a difesa della sanità e delle politiche sociali. Molti gli striscioni con lo stesso slogan, una richiesta difficile da supportare, considerati i tagli che hanno colpito il settore da più di un decennio. Si pensi che nel Lazio, amministrato dalla giunta di Nicola Zingaretti, con D’Amato alla Sanità, sono stati chiusi 16 ospedali e tagliati 3600 posti letto. “Dopo il Covid -19 – ha aggiunto l’assessore – le risorse stanziate nella manovra finanziaria sono insufficienti per mettere in campo un vero rilancio del nostro Servizio sanitario nazionale: la spesa sanitaria del nostro Paese è inferiore a quella dei partner europei e, senza una decisiva inversione di rotta, già nel 2024 il rapporto con il Pil tornerà sotto il livello pre-Covid”. D’Amato ha attaccato inoltre la legge di bilancio del governo “iniqua e inadeguata, che mortifica la sanità pubblica, dimentica la scuola, penalizza i più deboli, i lavoratori e le imprese”. Ha chiesto quindi “un grande e concreto investimento sulla sanità e un’incisiva politica di reclutamento del personale eliminando il tetto alla spesa fermo da oltre 18 anni”. Politiche governative che vanno avanti dal 2011, governo Monti e sono proseguite con tutti gli esecutivi che si sono succeduti nel tempo. Per i prossimi due anni la tendenza sembrerebbe invertita, con 4 miliardi di stanziamenti per il Fondo sanitario nazionale ma, causa caro bollette, gran parte delle risorse andranno a finire negli aumentati costi di gestione di Asl e aziende ospedaliere.

 

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