Lazio: non garantito il diritto alla salute
Anno nuovo, problemi vecchi per gli ospedali e i servizi sanitari di tutto il Lazio: Asl Roma G, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo non vivono tempi tranquilli. Per prima, la Asl tiburtina è alle prese con cantieri eterni, ristrutturazioni infinite, reparti completati, aperti poi richiusi per autorizzazioni regionali che tardano a venire. L’ospedale Parodi Delfino di Colleferro, ad esempio, attende da sei anni il completamento di una nuova ala, un appalto per 13 milioni di euro con lavori bloccati per apportare una nuova variante, l’ennesima non ancora ratificata dalla Regione Lazio, in un inspiegabile andirivieni di società appaltatrici – in sei anni ci sono stati quattro avvicendamenti – e una penuria di posti di rianimazione che mette a rischio la sicurezza di più di 500 mila abitanti. E ancora, l’Emodinamica di Tivoli, per cui sono stati spesi tre milioni, è chiusa dal mese di maggio perché priva di autorizzazione regionale, con un alto indice di mortalità per infarto miocardico acuto e soltanto 12 posti letto per un amplissimo bacino di utenza. Non se la passano meglio i nosocomi di Cassino e Sora che con penuria di ortopedici, per il mancato rinnovo di due contratti a tempo determinato, rischiano di chiudere i battenti in quanto non più in grado di assicurare i turni di guardia. Situazione allarmante anche al pronto soccorso del Santa Maria Goretti di Latina, preso d’assalto da tutta l’utenza del litorale pontino che ha visto la contrazione, nell’ultimo anno, di numerosi servizi e strutture.
Numerosi sono i casi di aggressione agli operatori; è intervenuto anche il prefetto assicurando la presenza di un presidio di polizia di cui ancora non si vede traccia. E a Fondi, all’ospedale San Giovanni di Dio, rischia di chiudere il reparto di pediatria, sempre per insufficienza di medici e mancati rinnovi di contratti dei precari. Insomma, una situazione esplosiva fomentata anche dalle proteste di cittadini che contestano la riconversione di alcuni presidi sanitari a Case della Salute come, ad esempio accade per l’ospedale Marini di Magliano Sabina, in provincia di Rieti. Ultima, ma non meno rilevante per le conseguenze che avrà sulla salute e la prevenzione dei cittadini, la chiusura dal 28 dicembre del servizio sperimentale di alcologia della clinica accreditata Villa Rosa, il cui personale è stato dirottato in altre unità organizzative carenti di organico. Un quadro allarmante, in una regione in cui i livelli essenziali di assistenza non sono più garantiti e, con essi, non è assicurato il diritto alla salute dei cittadini.
Pronto soccorso, è un bollettino di guerra
San Camillo, il sindacato infermieri denuncia gli ultimi episodi avvenuti, legati al sovraffollamento
Notte di Capodanno al San Camillo di Roma: è un bollettino di guerra. Non si contano più le aggressioni verbali e fisiche al personale sanitario del pronto soccorso. A distanza di qualche settimana, dopo il naso rotto di un infermiere, il Nursind denuncia altre due colleghe “cadute sul campo di battaglia”. Marina e Laura – le chiameremo così – colpite, rispettivamente, al volto la prima e la seconda travolta da una barella in pieno torace, spinta da un giovane ubriaco che, dopo aver minacciato metà del personale ha pensato bene di scatenare la sua ira contro tutto e tutti. Paradossalmente, le due colleghe non si occupavano direttamente dell’energumeno che, tra l’altro non si è fatto assistere e non ha lasciato neanche le generalità al momento del triage (esame obiettivo del paziente, ndr). Erano lì soltanto per proteggere gli assistiti in eterna attesa sulle barelle. Mentre la direzione generale e la dirigenza del servizio annunciano, solo a parole, provvedimenti atti a dirimere il degrado e l’assoluta mancanza di sicurezza che riguarda, purtroppo, tutto l’ospedale – giorni fa un senza fissa dimora ha sfondato una porta della cardiologia interventistica con un estintore – i lavoratori vanno in ospedale pronunciando un immancabile quesito: sarò io, oggi, l’infermiere aggredito? Come segretario aziendale del Nursind dico: “basta chiacchiere, vogliamo i fatti oppure tutti a casa”.
di Marco Lelli – Segretario Nursind