Le proposte di Matteo Renzi: “Sanità: rottamiamo e ricostruiamo”

Molti ortodossi militanti democratici storceranno la bocca ma il rottamatore per antonomasia Matteo Renzi sostiene di veder chiaro anche nel complesso mondo della sanità e detta il suo programma che, confrontato con le proposte del Pd dello scorso febbraio, avalla di sicuro i detrattori che accusano il sindaco di semplificazione dei messaggi. Sono sei i punti su cui si sofferma il ribelle fiorentino: l’attuazione immediata dei cosiddetti costi standard, ovvero l’uniformità della spesa sanitaria nelle diverse realtà locali; la ridefinizione del ruolo dei medici di famiglia, da associare in consorzi presso ambulatori polispecialistici; la razionalizzazione degli ospedali – cui ricorrere solo in caso di reale emergenza – e la chiusura dei nosocomi con meno di 100 posti letto, privi di anestesia e rianimazione, privilegiando l’assistenza domiciliare con eventuali ricoveri a bassa intensità di cure e basso costo. Renzi propone percorsi diagnostico-terapeutici su base regionale, per stabilire procedure e comportamenti comuni e si sofferma sulle esternalizzazioni – ovvero il ricorso ad appalti esterni per l’acquisizione di beni e servizi – che non debbono rappresentare un incremento dei costi. Se il modello di sanità pubblica non è messo in discussione, di certo lo iato tra alcuni punti del credo renziano e il corposo documento del Pd sulla sanità è evidente. Se per i medici di famiglia e gli ospedali l’uniformità di vedute è evidente, tale consonanza non si riscontra sui costi standard, che il partito vuole modulati valutando realtà e situazioni di disagio, sui livelli essenziali di assistenza e sulla prevenzione, nonché sulla integrazione socio-sanitaria, temi non presenti nel dibattito alla “Leopolda”. Di sicuro, i sostenitori di Renzi non si candidano a entrare nel “laboratorio sanità” che il partito vorrebbe quale sede di elaborazione di idee e monitoraggio del sistema.

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