Interruzione di gravidanza, una legge che, a tanti anni dall’inizio della sua applicazione, continua a essere oggetto di polemiche. Nella Regione Lazio, in particolare, sotto la lente di ingrandimento di molte associazioni di donne, l’alto numero di obiettori di coscienza tra il personale medico e di assistenza, in particolare di quello ospedaliero. Ė questo l’oggetto della interrogazione numero 31 del 28 settembre scorso, presentata dalla consigliera regionale Eleonora Mattia e indirizzata al presidente del Consiglio regionale del Lazio Antonello Aurigemma. Nell’atto ispettivo, avente ad oggetto “Criticità nell’applicazione della legge 194 nella Regione Lazio”, l’esponente del Partito democratico interroga il presidente della Regione Francesco Rocca, per conoscere i dati ufficiali relativi all’obiezione di coscienza nelle strutture  del servizio sanitario regionale tra cui ospedali, Asl, consultori. Ulteriore richiesta, riguarda la somministrazione del farmaco per l’interruzione volontaria della gravidanza, noto come pillola RU-486, in regime ambulatoriale, in consultorio o in day-hospital. Le obiezioni dell’interrogante nascono da un’inchiesta resa pubblica nel giugno 2023, promossa dal “Coordinamento delle donne e delle libere soggettività dei consultori del Lazio”. Grazie a un accesso agli atti, sarebbero emerse difficoltà nell’attuazione della legge 194, considerato che il 64% dei ginecologi della regione e il 29% del personale di assistenza “obietta”  mentre nei consultori la percentuale è del 14%. “A 45 anni dalla sua entrata in vigore, la legge 194 fatica ancora a trovare applicazione a causa delle forti frammentazioni nell’offerta di strutture e personale medico” si legge nell’interrogazione. Sebbene il Lazio  rappresenti “per alcuni versi un esempio virtuoso, avendo approvato un protocollo operativo per l’interruzione farmacologica” si legge ancora nel testo, secondo l’interrogante non sarebbe garantito il pieno esercizio dei diritti previsti dalla legge 194 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”. Una disciplina approvata nel 1978 che, specie nella prima parte attinente alla tutela sociale della maternità, trova sicuramente ostacoli nella applicazione.

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