L’Ema non ama Milano
Votata all’Ue la sede per l’European Medicines Agency (Ema), ente poco conosciuto dai cittadini
Agenzia europea del farmaco, è tutto pronto per il trasferimento ad Amsterdam. Dopo l’estremo, sterile tentativo del Comune di Milano di ricorrere contro tale decisione, ci si avvia verso il voto definitivo dei deputati Ue il 27 febbraio, con la creazione della nuova sede dopo la Brexit. Cosa perde l’Italia? Quale poteva essere il valore aggiunto che tale organismo avrebbe portato al nostro Paese? Nata nel 1997 come ente sovraordinato alle varie agenzie statali, l’Ema gode dei contributi dell’Unione e dell’industria farmaceutica, nonché di sussidi degli Stati membri e ha il compito di armonizzare le procedure delle agenzie nazionali per garantire l’uso razionale e sicuro del farmaco. Gestita da un segretariato generale, raggruppa i 28 Paesi comunitari – tra poco 27 dopo l’uscita della Gran Bretagna – dispone di 900 dipendenti, 7 comitati scientifici e altrettanti per il controllo di sicurezza. Al suo interno vede 28 gruppi di lavoro con 400 esperti di tutti gli Stati Ue. Principali compiti: sviluppo dei farmaci e consulenza scientifica, valutazione delle domande sulla immissione in commercio (ma non autorizzazione), monitoraggio sui prodotti in commercio (ma non analisi e ricerche di laboratorio), consulenza per esperti e cittadini. Non rientrano tra i compiti Ema la ricerca, i trials clinici, il controllo sulla pubblicità, la definizione dei prezzi, le linee guida terapeutiche e l’analisi sugli effetti dei farmaci.
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IL CASO
Nel 2007 conflitto Ema Ombudsman
Negato nel 2007 l’accesso agli atti su due farmaci, intervenne il difensore civico europeo
Nel 2007 ricercatori della Cochrane Collaboration (ente internazionale no profit di controllo sulla sicurezza sanitaria) chiesero, invano, l’accesso ai dati Ema per due farmaci antiobesità. I ricercatori si rivolsero al difensore civico europeo (ombudsman), contestando le motivazioni addotte dall’Ema, relative alla difesa degli interessi commerciali delle case produttrici e al divieto di divulgazione di dati sensibili dei pazienti. Il difensore, esaminati gli atti e ritenute infondate tali motivazioni, obbligò l’agenzia europea a diffondere le informazioni ma, contestualmente, uno dei farmaci fu ritirato dal mercato a causa dei dannosi effetti collaterali provocati.