L’ironia di Flavio e il caso editoriale
Si spalanca la grande porta di ferro e scopriamo che è cambiato il turno degli infermieri. Lo dirige una bassetta, bruttina, con gli occhiali, mi viene in mente che tu, papà, ridendo, la definiresti “piccola, curta e male cavata”. Guarda e parla con l’inevitabile rabbia che hanno a volte in corpo le donne basse, bruttine e con gli occhiali. (…) Ci spiega che il regolamento va rispettato: solo due parenti per ogni malato. Abbiamo riportato testualmente le scellerate – e non casuali – parole con cui Flavio Insinna esordisce nel capitolo intitolato “L’infermiera stronza”, perla del libro “Neanche con un morso all’orecchio” in cui l’autore (volutamente minuscolo) racconta, con toni accorati, la vicenda legata alla malattia e morte del padre nella terapia intensiva dell’ospedale Forlanini. Proprio al Forlanini abbiamo conosciuto Flavio Insinna, il 4 ottobre 2009. Una giornata particolare per l’ospedale, un giorno in cui tante persone, cittadini, infermieri, medici, addetti alle pulizie, attori, intellettuali, giovani, vecchi, alti, bassi, belli, meno belli, con occhiali e senza ma tutti inevitabilmente imbufaliti, si mossero in corteo per contestare un potere cieco, che aveva deciso di dismettere il nosocomio in nome di un risparmio di spesa tutto da dimostrare. Eri tra la gente Flavio, con la tua dissacrante ma garbata ironia, che solitamente vola alto, al di sopra di etichette e stereotipi triti e ritriti, indegni perfino della peggiore rappresentazione di avanspettacolo. Nel tuo libro hai capovolto la situazione, perdendo un’occasione per parlare con consapevolezza della vita quotidiana negli ospedali, degli infermieri che sommessamente, con abnegazione e spirito di sacrificio hanno a che fare con la morte e la vita, col dolore e i sentimenti delle persone, pazienti e parenti. No, tu usi toni insultanti e violenti contro coloro che, lungi dall’esercitare il potere di chi è “a guardia di una porta”, invitano a rispettare regole a salvaguardia di tuo padre e di tutti i pazienti gravissimi come lui. L’occasione l’hai persa ma ne hai guadagnata un’altra: portare il tuo libro all’attenzione del mondo della sanità e non solo. Quello che sarebbe stato l’ennesimo, rituale libercolo pubblicato dalla “celebrità” – magari con l’aiuto di chi scrive per mestiere – con un attimo di gloria dovuto agli uffici stampa e poi l’inevitabile caduta nell’oblio, è diventato un caso editoriale. Ne parlano i blog, i social network, le testate on-line, ci si scontra con gli infermieri, comprensibilmente indignati, nelle presentazioni in pubblico. Bel colpo. Per l’autore (sempre più volutamente minuscolo) e per la casa editrice Mondadori. Chi scrive per mestiere caro Flavio, pesa ogni frase, ogni parola, ogni virgola e non solo per dubbi di natura grammaticale o sintattica. Tanto più, una casa editrice di tal peso, lascia passare messaggi che potrebbero avere conseguenze se il gioco non valesse la candela.