“L’Italia delle Regioni ha radici storiche”
Abrogare la legge con referendum significherebbe tornare agli squilibri di risorse odierni, frutto di un Titolo V applicato a metà
L’Italia delle Regioni ha radici storiche. Fu Alcide De Gasperi a battersi perché la nostra Nazione avesse un tale assetto, contro lo Stato autoritario e l’Italia crispina. Lo ha spiegato in varie occasioni il professor Sabino Cassese, giudice emerito della Corte costituzionale, già ministro della Funzione pubblica e giurista di primo piano, che proprio non ci sta a vedere stravolta la narrazione della riforma sull’autonomia targata Calderoli, da parte dei promotori del referendum per abrogare la legge. Un testo che “dà seguito alla attuazione di una norma costituzionale dimenticata da 22 anni – la riforma del Titolo V della Carta (voluta dal governo di centrosinistra, ndr) – che contribuisce alla unificazione non alla disunione del Paese” sostiene Cassese. Alle consuete obiezioni dei detrattori, l’eminente giurista ribatte che “affinché l’autonomia sia applicata, occorre prima determinare i livelli essenziali delle prestazioni (Lep), poi avviare la procedura per conferire, eventualmente, maggiore autonomia alle regioni che lo richiedano”. Un concetto chiaro, che molti stentano a capire, tanto da far dubitare che abbiano letto il testo integrale. Tutto nasce dalle istanze secessioniste manifestatesi negli ultimi decenni del Novecento, finché per arginare tali derive – quelle si ‘spacca Italia’ – alla fine del 2022, “il governo propone al Parlamento che la approva – continua il professore – una legge che subordina l’eventuale concessione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alla previa determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, che devono garantire l’uniformità dei diritti su tutto il territorio nazionale”. Nessuna lacerazione del Paese quindi, solo un completamento di quanto già iniziato, con una legge che stabilisce un percorso e una procedura, senza introdurre una sorta di autonomia tout court. E che al contrario di quanto si sostiene in modo non documentato, può rappresentare una opportunità per le Regioni del Sud Italia. “Da nessuna parte è scritto che queste condizioni particolari di autonomia debbano riguardare complessivamente tutte le materie nel terzo comma dell’articolo 117” ribadisce Cassese, chiarendo che “anche regioni del Sud possono eventualmente fruire di maggiore autonomia”, secondo quanto recita il disegno di legge 1665 approvato il 19 giugno, sempre nel rispetto di quei Lep, alla cui definizione ha provveduto un Comitato presieduto dallo stesso giurista. Fermo restando che, il controllo del rispetto dei livelli uniformi, spetterà sempre allo Stato, che lo esercita ai sensi dell’articolo 120 della Costituzione, che conferisce al governo poteri sostitutivi in caso di inadempienza e/o inosservanza delle leggi da parte delle Regioni. Paradossalmente, per ovviare a palesi disparità già esistenti tra i territori, specie in ambito sanitario, sarà proprio la cosiddetta “autonomia differenziata” a pareggiare i conti tra nord e sud Italia, obbligando lo Stato centrale a dotare i territori di uguali risorse, nei tempi consentiti dalle leggi di bilancio, affinché le prestazioni non siano squilibrate tra regione e regione, come avvenuto fino a oggi, con una applicazione ‘monca’ del Titolo V, che i sostenitori del referendum, a detta di illustri giuristi, vorrebbero ripristinare qualora il ddl Calderoli venisse abrogato. (Nella foto: Sabino Cassese)