Lockdown, varianti e primule: lo show della pandemia
Ci siamo divertiti e anche un po’ annoiati, a contare tutti gli annunci con cui il professor Walter Ricciardi, consulente del ministro della Salute Roberto Speranza, dal 25 ottobre al 14 febbraio ha invocato il lockdown totale per il nostro Paese. Sono in totale 19. Le ultime sollecitazioni vedono il medico specializzato in Igiene, con un interessante curriculum vitae, addurre quale motivazione, ‘la variante inglese’ da lui definita “più letale e pericolosa responsabile del presunto aumento incontrollato di contagi, morti e ricoverati”. Per quanto attiene alle oscillazioni della curva delle infezioni, ci sembra che questa negli ultimi giorni non subisca vertiginose impennate nel senso della crescita anzi, fortunatamente sembrerebbe in calo, così come in calo per fortuna – sebbene ancora troppi – sarebbero i decessi. All’opposto, il parere del presidente dell’Aifa, Agenzia italiana del Farmaco, lo stimato virologo Giorgio Palù, che ha così sentenziato: “la variante non preoccuperebbe più di quella classica, è solo più contagiosa”. Il professore ha sottolineato, da virologo che “siamo in una fase discendente della curva epidemica in cui il virus ha tutto l’interesse a farci sempre meno danni. Il suo scopo è diventare endemico, restare con l’uomo per sempre, visto che ormai la specie umana è diventata il suo serbatoio naturale”. Per questo crediamo si debba fare chiarezza nei confronti dei cittadini, che non possono essere continuamente terrorizzati con annunci a effetto. Fa riflettere inoltre la dichiarazione di Francesco Vaia, direttore sanitario dell’Istituto per le malattie infettive “Lazzaro Spallanzani”, il principale polo romano per l’assistenza e la ricerca sul coronavirus, secondo il quale “le variazioni del Sars-Cov2 non possono essere usate come clava politica”. Salute e politica, annunci e smentite, pacatezza e destabilizzazione: queste sono le tensioni che tutti i giorni scuotono la collettività. A quale di questi valori si vuole ridare la centralità? Ci auguriamo che con il nuovo esecutivo Draghi si inverta una pericolosa china su cui ci si stava avviando. Intanto la Regione Lazio sta tentando di dare un’accelerata alle vaccinazioni, con l’allestimento di grandi centri vaccinali, come l’Auditorium o una maxi struttura presso l’aeroporto di Fiumicino. Il simbolo di tale campagna vaccinale è la sfortunata primula lanciata dal commissario all’emergenza Domenico Arcuri, in collaborazione con l’archistar Stefano Boeri. I padiglioni prefabbricati con il fiore impresso sopra, realizzati per vaccinare dovevano essere, secondo l’ideatore, il “segno della rinascita”. Il progetto si è trasformato, purtroppo, nell’ennesimo flop del vulcanico commissario. Il costo di un padiglione ammonta a 409 mila euro, per i 1.200 previsti avremmo raggiunto l’iperbolica cifra di 490 milioni 800mila: con tale cifra si potrebbe procedere alla ristrutturazione non di uno ma di due ospedali dismessi di grandi dimensioni. Considerata l’importanza di immagini e simboli nella comunicazione adottata per questa pandemia, sarebbe il caso che la Regione Lazio – che ha sempre rifiutato il restyling degli ospedali Forlanini e San Giacomo chiusi da anni, per carenza di fondi – per rispetto dei cittadini lasci fiorire le primule sulle terrazze e nei giardini, cancellandole quale emblema di una campagna vaccinale messa continuamente in discussione da annunci destabilizzanti.