Lo stato della sanità lombarda da tempo desta preoccupazione, secondo quanto affermano alcune forze sociali e associazioni di base, come Acli, Arci, movimenti civici e altri soggetti del Terzo settore vicini alle forze di sinistra. E a tali perplessità si è associato lo storico movimento di Medicina democratica insieme allo Spi Cgil, il sindacato pensionati – che può vantare il 49% degli iscritti alla organizzazione – promuovendo un referendum abrogativo di alcune norme inserite nella legge regionale numero 22 del 2021, che ha rimodellato la precedente normativa del 2009. Sotto attacco, la parte in cui si sancisce la “equivalenza pubblico-privato e si estendono le funzioni e i servizi che le aziende sanitarie pubbliche possono delegare al privato”. Nell’intento dei cento promotori dell’iniziativa, il ritorno alla parte pubblica della programmazione e del controllo totale della erogazione dei servizi, primo fra tutti la prevenzione, uno dei cardini su cui si fondava la prima Riforma sanitaria, legge 833 del 1978, che promuoveva la gratuità, l’universalità di accesso e la partecipazione dei cittadini alle scelte di salute pubblica. Per Vittorio Agnoletto, responsabile dell’osservatorio salute di Medicina democratica “è necessario ridurre i finanziamenti alle strutture private aumentando quelli alle strutture pubbliche” per evitare l’avanzata del privato dentro il Servizio sanitario regionale, privando il cittadino dell’assistenza. “Se il pubblico finanzia il privato deve poi controllarne l’operato”, sostiene il medico attivista. Ma la strada per i referendari è in salita. Sulla consultazione c’è il parere negativo della Uil Milano e Lombardia: “Abbiamo valutato che lo strumento referendario abrogativo non è l’intervento più idoneo per rispondere ai limiti del sistema sanitario regionale. L’abrogazione di parti specifiche della legge di riforma sanitaria rischia di creare un vuoto legislativo che potrebbe avere conseguenze impreviste sull’intero sistema”, scrivono Enrico Vizza, segretario Generale Uil Milano e Salvatore Monteduro, segretario confederale Uil Milano e Lombardia. “Siamo preoccupati per le possibili ripercussioni occupazionali per un settore della sanità privata che in Lombardia impiega oltre 45 mila lavoratori. Una transizione non pianificata potrebbe mettere a rischio i loro posti di lavoro”. Sotto la lente di ingrandimento dei promotori, il pronto soccorso e i reparti di lungodegenza, punti deboli di molti servizi sanitari regionali. (www.dire.it)

 

Commenti Facebook:

Commenti